martedì 20 settembre 2016

Alcune riflessioni sul crepuscolo dell'era del petrolio – parte terza

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR
Guest post di Louis Arnoux

Parte prima.

Parte seconda

Parte terza - Trovarsi leggermente oltre il bordo del dirupo


La “Sindrome della Fatina dei Denti” che ho discusso nella seconda parte è, dal mio punto di vista, la ragione fondamentale per cui coloro che si attaccano al BAU afferreranno qualsiasi pezzo di informazione che potesse in qualche modo e superficialmente sostenere la loro ideologia e li piegarono perché si adattassero al loro punto di vista, generando nel processo molta confusione.

Probabilmente è anche giusto dire che i sostenitori delle varie versioni della “transizione energetica” non sono immuni da questo tipo di sindrome quando ignorano i problemi esplorati nelle parti prima e seconda. E' possibile andare oltre ad una tale confusione?

La necessità di allontanarsi dell'ideologia


L'impatto della “sindrome della Fatina dei Denti” è molto più sentita nei media principali e fra i politici – col risultato finale che molte persone comuni (e molti esperti) finiscono per diventare molto confusi su cosa pensare e fare in materia energetica.   In particolare, spesso incontriamo articoli che sostengono, anche in modo sensazionalistico, diverse tecnologie di transizione energetica; oppure che le rifiutano sottolineando ciò che presentano come caratteristiche problematiche senza nessuna profondità di analisi.

Per esempio, in una discussione recente fra esperti energetici è stato sottolineato un articolo del 2013 del Daily Mail come caso emblematico. [1] Il Regno Unito sta infatti installando diversi generatori diesel costosi e sovvenzionati da usare come sostituti nei momenti di basse forniture energetiche da parte dei generatori eolici.  Questo articolo presentava questa politica come molto problematica ma non metteva le cose in prospettiva riguardo a quello che tali problemi ci dicono sulle sfide di una qualsiasi “transizione energetica”.

In Nuova Zelanda, dove ho vissuto quasi metà della mia vita prima del ritorno alla mia cara Provenza (modalità De reditu suo, per far l'occhiolino ad un post precedente di Ugo ), circa il 73% dell'elettricità è ritenuta rinnovabile (con il 60% di idroelettrico, il 10% di geotermico, il 3% di eolico e circa lo 0,1% di FV); l'equilibrio viene generato da gas e carbone.

C'è una politica per raggiungere il 90% di rinnovabili per il 2025. Ora, con quel mix abbiamo avuto per molti anni una cosa simile a quella che il Regno Unito sta costruendo, con un numero di generatori sostitutivi di emergenza distribuiti senza che questo fosse un gran problema.

Le principali differenze che vedo col Regno Unito sono che (1) in NZ ci sono solo 5 milioni di persone che vivono in un'area che è circa la metà di quella della Francia (quindi il problema principale è una questione di produzione rinnovabile pro capite) e (2) il sistema è in gran parte idroelettrico, quindi incorpora una grande quantità di immagazzinamento di energia, chi i “vivaci” kiwi hanno imparato a gestire molto bene. Ne segue che qualche generatore diesel o a gas lì non è un gran problema. Al contrario, il Regno unito dal mio punto di vista ha di fronte un grosso problema a diventare “verde”.

L'esempio sopra illustra la necessità di districarci dall'ideologia e guardare accuratamente nelle specifiche dei sistemi quando consideriamo materie come il potenziale delle varie tecnologie come turbine eoliche, FV, veicoli elettrici e così via, così come i fattori di capacità ed i livelli di EROI nel contesto del diventare 100% rinnovabili.   Troppo spesso, problemi vitali continuano ad essere evitati sia dal partito BAU che da quello non BAU, ma ignorarli spesso porta a “soluzioni” erronee e persino pericolose. Così, come conclusione di questa serie in tre parti focalizzata sul “Indagare l'appropriatezza della domanda”, ecco alcuni problemi fondamentali che vedo davanti a noi (l'elenco non è esaustivo):

“Apocalypse now”


Perlomeno dai primi anni 70 e dal lavoro dei Meadows, abbiamo saputo che il mondo industriale globalizzato (MIG) è su una rotta di autodistruzione, cioè BAU (Business as usual). Ora sappiamo che viviamo nella parte finale del processo, la fine dell'era del petrolio, che sta facendo precipitare quello che ho chiamato il Re Drago del “fallimento petrolifero”, in stile Seneca, cioè dopo una lenta e relativamente dolce ascesa (cioè “crescita economica”) siamo all'inizio di una caduta improvvisa da un dirupo termodinamico.

Il problema principale è il cambiamento dell'intero sistema. Ciò significa che la chiave è pensare in termini di sistemi complessivi in cui la termodinamica dei sistemi complessi operano molto lontani dell'equilibrio.

In termini di epistemologia e di metodi, ciò richiede quello che in antropologia viene chiamato “circolo ermeneutico”: spostarsi ripetutamente dai particolari, i dettagli, al sistema complessivo, migliorando la nostra comprensione dell'intero e da questo tornare poi ai particolari, migliorare la nostra comprensione degli stessi, tornare a considerare l'intero e così via.

La sostituzione dell'intero sistema, cioè diventare 100% rinnovabili, richiede un enorme attuazione energetica, una specie di “accumulo primitivo” (una strizzatina d'occhio a Marx) che attualmente, col paradigma prevalente e l'insieme di tecnologie, non è fattibile. “Avendo in mente la “mano energetica” (Figura 5), da dove potrebbe venire questa energia necessaria in un contesto di netto declino dell'energia netta del petrolio, di effetto Regina Rossa, e, riguardo alle rinnovabili, di effetto Regina Rossa inversa/cannibalizzazione?

Come altro esempio dell'importanza del pensiero di sistema complessivo, Axel Kleidon ha sollevato la questione della fattibilità dell'eolico su scala molto ampia in contrapposizione al solare diretto. [2]

Considerare soltanto le prestazioni e il costo di questa o quella tecnologia energetica alternativa non sarà sufficiente. Senza affrontare le complessità della sostituzione dell'intero sistema, la situazione in cui ci troviamo è una specie di “Apocalypse now”. La sfida principale che vedo è quindi come passare in sicurezza, con una perdita di vita minima, (ci sarà una perdita di vita sostanziale, ciò è diventato inevitabile), dal BAU fossile (e quindi conseguentemente dal nucleare) alla sostenibilità al 100%, che essenzialmente significa, in una forma o nell'altra, una società basata sul solare diretto.

Attualmente abbiamo 17TW di potenza installata a livello globale (in gran parte fossili è un po' di nucleare), cioè, circa 2,3 kW a testa, ma con circa 4 miliardi di persone che bene che vada sono fortemente stressati energeticamente, molti che non hanno per niente accesso all'elettricità e solo ad un trasporto limitato, in un contesto di un'efficienza dei sistemi energetici globali nell'ordine del 12%. [3] per affrontare il Re Drago del fallimento petrolifero e la tempesta perfetta che sta montando, considero che dobbiamo passare a per tutta la popolazione (ipotizzando che si stabilizzi a circa 8 miliardi di persone anziché gli attesi 11 miliardi), più circa 10TW aggiuntivi per affrontare il cambiamento climatico ed altri problemi ecologici legati all'energia, quindi circa 50TW, 100% basato sul solare diretto, per tutto lo spettro di usi energetici, compresi i trasporti, preferibilmente in 20 anni. Dalla posizione in cui siamo adesso, leggermente oltre il bordo del dirupo termodinamico, questo è quanto ho capito essere necessario.

In altre parole, diventare “verdi” e sopravvivergli (cioè evitare l'effetto di Regina Rossa inversa) significa aumentare la nostra “mano energetica” da 17TW a 50TW (come ordine di grandezza approssimativo), con passaggi di efficienza dal 12% ad oltre l'80%.

Per elaborare ulteriormente questo, lo sottolineo ancora, attualmente i 17TW non sono nemmeno sufficienti per approvvigionare tutta la popolazione globale di 7,3 miliardi di persone di un margine ampio. Diventare “verdi” con l'attuale mix di “rinnovabili” e col paradigma collegato significherebbe dedicare una quantità sostanziale di quei 17TW al “accumulo primitivo” del sistema “verde”.

Dovrebbe essere chiaro che con questa situazione qualcosa va mollato, cioè, alcuni di noi diventerebbero ancor più stressati energeticamente e morirebbe o, come hanno fatto cinesi ed indiani, per qualche tempo useremmo molte di più delle risorse fossili rimanenti, ma  questo accelererebbe il riscaldamento globale e molte altre “schifezze”. Alternativamente potremmo affrontare il cambiamento di paradigma in modo da prendere le distanze dall'EROI globale al di sotto di 10:1 e dall'efficienza energetica globale del 12%. Questa è la solita situazione “non si può avere la botte piena a le moglie ubriaca” scritta a grandi lettere.

Messa in un altro modo, quando si guarda la sostituzione completa sistema sociale si deve guardare a tutto quello che serve per far funzionare il sistema, comprese le persone e le loro richieste energetiche – questa è di base una questione di definizioni di limite di sistema legato alla definizione del problema nel senso datogli da David Bhom).

Possiamo illustrare questo considerando i Regno dell'Arabia Saudita (RAS). Come esperimento mentale, rimuoviamo il petrolio (i media hanno detto che il principe della corona del RAS ha visto delle scritte su dei muri che parlavano della fine prossima dell'abbondanza del petrolio). Ciò porta la popolazione del RAS dai circa 27 milioni a circa 2 milioni, cioè attualmente servono 25 milioni di persone per mantenere il flusso di petrolio a circa 10 milioni di barili al giorno (compresi numerosi domestici filippini, medici, avvocati e così via). Più circa tre volte la popolazione d'oltremare per fornire ciò di cui i 25 milioni hanno bisogno per mantenere il flusso di petrolio...

Complessivamente stimo in modo molto approssimativo che circa 1,5g di persone, direttamente collegate alle attività di produzione, trasformazione, distribuzione e trasporto di petrolio richiedevano che il petrolio fosse al di sopra dei 100 dollari al barile per il loro sostentamento (compresi i domestici filippini). Li chiamo “il popolo del petrolio”. [4] Gran parte di loro attualmente sono infelici e si arrabattano, la loro “domanda” di beni e servizi è diminuita considerevolmente dal 2014. Quindi tutto sommato, la sostituzione di tutto il sistema (in modalità “fallo o muori”) richiede di considerare intere reti di catene di produzione dall'estrazione dei depositi minerari, fino alla produzione di metalli, cemento, ecc. per fare le macchine, per usarle per produrre le cose di cui abbiamo necessità per essere 100% sostenibili, così come le necessità energetiche non solo “Quelli del petrolio”, ma dell'intero compendio  di “Quelli dell'energia” coinvolti, sia quelli “fossile” sia quelli “verdi”, mentre nel frattempo dobbiamo mantenere in funzione i sistemi energetici esistenti basati sui fossili il più possibile. Approssimativamente “quelli dell'energia” sono probabilmente nell'ordine dei 3 miliardi di persone (e non è facile convertire una percentuale di “quelli dei fossili” a “quelli verdi”, comprese le loro stesse necessità energetiche – anche questo ha un costo energetico significativo). Ed è qui che entra la Figura 2, con l'interazione di Regina Rossa e Regina Rossa Inversa.

Figura 2
 

Dal mio punto di vista, a livello di sistema complessivo abbiamo un grande problema. Dato il limite della finestra temporale molto stretta, non possiamo permetterci di capire male in termini di come uscirne – non abbiamo neanche tempo a sufficienza per impegnarvisi.

Quadro temporale rimanente

Di fatto, sotto l'influenza della Fatina dei Denti (vedete la seconda parte) e di una sempre più asmatica  Regina Rossa, non abbiamo più 35 anni (diciamo fino al 2050).   Abbiamo al massimo 10 anni, non per dibattere ed agonizzare, ma per fare veramente, coi prossimi 3 anni che sono cruciali. La termodinamica di tutto questo, riassunta nella prima parte, è solida come una roccia.

Questo quadro temporale, unito alla sfida della Pearl Harbor petrolifera e i limiti della Regina Rossa inversa, secondo me significa che nessuno dei “fare” attuali, in senso rinnovabile, può starci dentro. Infatti gran parte di questi fare sta peggiorando le cose – mi riferisco qui alle attuali interazioni fra tentativi di diventare verdi che stanno ampiamente all'interno del paradigma prevalente ed i tentativi BAU duri a morire di mantenere in funzione i fossili, come forse esemplificato  nelle attuali politiche del Regno Unito discusse in precedenza.

Collegamenti deboli


Malgrado il suo potere apparente, il MIG di fatto è estremamente fragile. Incarna diversi collegamenti molto deboli nelle sue reti. Ho sottolineato il problema del petrolio, un problema che definisce il quadro temporale complessivo per affrontare la “Apocalypse now”.

In aggiunta a questo ed al cambiamento climatico, ci sono altre sfide che sono state proposte in modi diversi da una gamma di ricercatori negli ultimi anni, come disponibilità di acqua potabile, grande degrado del suolo, inquinanti, degrado della vita negli oceani (circa il 99% della vita è acquatica), minacce agli alimenti fondamentali (ad esempio ruggine dello stelo, epidemie del grano, ozono troposferico, ecc.), perdita di biodiversità e sesta estinzione di massa, fino al lavoro di Joseph Tainter a proposito dei collegamenti fra flussi di energia, potenza (in TW), complessità, superamento e collasso. [5]

Questi collegamenti deboli attualmente si stanno spezzando o stanno per spezzarsi e le rotture formano una valanga che si auto alimenta (VAA) o “Tempesta perfetta”.   Hanno tutti lo stesso quadro temporale di circa 10 anni come ordine di grandezza per agire.   Richiedono tutti un  bella “botta” energetica come prerequisito per gestirli (la “botta” è un'unità flessibile ed elastica di qualcosa di sostanziale che di solito non si possiede).

E' tutto bruciato


Figura 6 – Carbonio tutto bruciato

 

Una ricerca recente mostra che la sensitività alle forzanti climatiche è stata sottostimata in modo sostanziale, il che significa che dobbiamo aspettarci molto più riscaldamento sul più lungo termine di quanto propagandato finora. [6] Ciò inasprisce ulteriormente ciò che già sapevamo, cioè che non esiste alcun “bilancio del carbonio” di fossili che il MIG possa ancora bruciare e nessun modo per restare al di sotto dell'obbiettivo fortemente politico e fuorviante dei 2°C della COP21 (Figura 6). [7]

I 350 ppm di CO2 equivalente sostenuti da Hansen et al. è una stima sicura – un confine superato nei tardi anni 80, circa 28 anni fa. Quindi la realtà è che non possiamo in realtà evitare di togliere il CO2 dall'atmosfera, in qualche modo, se vogliamo evitare di cercare di sopravvivere in poche aree infestate di zanzare del profondo nord e sud, mentre circa l'80% del pianeta diventa non abitabile sul lungo termine. La Cattura Diretta dall'Aria di CO2 (CDA) è a sua volta una cosa che richiede una bella “botta” di energia, quindi i 10TW aggiuntivi che considero sono necessari per toglierci dai guai.

Errore cognitivo


Figura 7 – Errore cognitivo dell'EROI


La saga della “Brexit” forse è l'ultima dimostrazione su larga scala di una lunga serie di errori cognitivi. Vale a dire, l'errore da parte delle élite che prendono le decisioni nel fare uso di conoscenza, esperienza e competenza per affrontare con efficacia le sfide all'interno del quadro temporale necessario per farlo.

L'errore cognitivo probabilmente è più evidente, ma rimane in gran parte non visto, riguardo all'energia, il Re Drago del fallimento petrolifero e le questioni di ritorno energetico sull'investimento (EROI o EROEI).  Ciò che possiamo osservare è un errore triplo del BAU, ma anche delle alternative “verdi” più attuali (Figura 7): (1) la traiettoria di sviluppo del BAU dal 1950 è errata; (2) c'è stato un errore nel non tenere conto di oltre 40 anni di avvertimenti e (3) c'è stato un errore nello sviluppare alternative praticabili.

Tuttavia, anche se sono critico verso aspetti delle recenti valutazioni della fattibilità di diventare 100% rinnovabili, [8] penso che rimanga fattibile con le conoscenze attuali.  Ad esempio, non serve alcun “miracolo”, per arrivare nell'ordine dei 50TW 100% solari che ho sottolineato in precedenza, ma penso anche che un collasso dal lato del dirupo di Seneca non sia più evitabile.   In altre parole, considero che sia ancora possibile in parte recuperare la situazione mentre il MIG collassa, nella misura in cui un numero sufficiente di persone si rende conto che non si può cambiare paradigma dal lato in discesa della curva di Seneca, così come si potrebbe fare dal lato in salita, cosa che attualmente le nostre élite, in modalità errore cognitivo del tutto conclamata, non capiscono.

Per illustrare ulteriormente questo argomento e sottolineare perché ritengo che siano necessari EROI di produzione ben al di sopra di 30 per farci uscire dai guai, guardate la Figura 8.

Figura 8 – La necessità di EROI molto alti


Questo è ricavato da tentativi analoghi di Jessica Lambert et al., forse per sottolineare ciò che comporta scivolare giù dal burrone termodinamico.
Charles Hall ha mostrato che un EROI di produzione di 10:1 corrisponde ad un EROI per l'utente finale di 3,3:1 ed è a il minimo indispensabile perché una società industriale funzioni. [9]  In termini sociologici, per un 10:1 pensate alla Corea del Nord.

Come mostrato nella Figura 7, attualmente non conosco alcuna alternativa, che sia basata sui fossili non convenzionali, nucleare o tecnologie “verdi” con EROI di produzione al di sopra di 20:2 (cioè equivalenti all'EROI di bocca di pozzo del petrolio), gran parte rimangono al di sotto di 10:1. Penso sia fattibile tornare al di sopra di 30:1, in modo 100% sostenibile, ma non seguendo le modalità prevalenti dello sviluppo tecnologico, dell'organizzazione sociale e del modo di prendere le decisioni.

Le domande difficili


Così l'errore cognitivo prevalente ci riporta alla “indagine sull'appropriatezza della domanda” di Bohm.   A conclusione di un articolo del 2011, Joseph Tainter ha sollevato quattro domande che, dal mio punto di vista, affrontano esattamente tale richiesta (Figura 9). [10] Ad oggi quelle quattro domande rimangono senza risposta sia da parte dei sostenitori del BAU sia da parte dei sostenitori del diventare 100% rinnovabili.

Ci troviamo in una situazione senza precedenti. Come sottolineato da Tainter, nessuna civiltà precedente è mai riuscita a sopravvivere al tipo di situazione in cui ci troviamo. Tuttavia, le persone che vivevano in quelle civiltà erano prevalentemente rurali ed avevano una rete di salvataggio nel fatto che la loro fonte energetica era per il 100% solare, fotosintesi per il cibo, le fibre e il legname – potevano sempre continuare ad andare avanti, anche se questo poteva avvenire in condizioni dure. Noi non abbiamo più questa rete di sicurezza, tutto i nostri sistemi alimentari dipendono completamente da quella rete energetica proveniente dal petrolio che sta per scendere a terra e i nostri sistemi di fornitura alimentare non possono funzionare senza di essa.

Figura 9 – Quattro domande



La Figura 10 riassume come, secondo me, le quattro domande di Tainter, le sue analisi e le mie si uniscono per definire la situazione unica in cui ci troviamo. Se vogliamo evitare di scivolare in fondo al dirupo termodinamico dobbiamo passare ad una nuova “fonte energetica”.

A questo proposito, affrontare la tempesta perfetta di tipo VAA mentre si porta avanti un un passaggio del genere esclude la “contrazione” della nostra base energetica (come vorrebbero molti “verdi”) e necessita l'abbandono dell'attuale paradigma di uso dell'energia molto dispendioso – quindi il passaggio da 17TW fossili a 50TW basati al 100% sulle rinnovabili e con oltre e con oltre l'80% di usi utili dell'energia come ho sostenuto prima, in un quadro temporale di 20-30 anni.

Figura 10 – Pronti a saltare in una nuova fonte energetica?



La Figura 10 sottolinea che l'umanità è passata attraverso diversi passaggi del genere negli ultimi 6 milioni di anni circa. Ogni passaggio ha comportato:

(1) un nexus di innovazioni rivoluzionarie che comprendono la termodinamica e tecniche relative,
(2) innovazione sociale (alla “istituzione immaginaria della società” di Cornelius Castoriadis) e
(3) innovazioni che riguardano la psiche umana, cioè come pensiamo, e decidiamo ed agiamo.

Il nostro dilemma, mentre abbiamo già iniziato a scivolare lungo il dirupo termodinamico dei combustibili fossili, richiede analogamente un tale nexus se vogliamo riuscire in un nuovo “passaggio di fonte energetica”.   Concentrarsi soltanto sulla termodinamica e sulla tecnologia non basterà. Il tipo di cambiamento di paradigma al quale continuo a far riferimento integra tecnologia, innovazioni sociali ed innovazioni che riguardano la psiche umana sui modi di evitare l'errore cognitivo.

Ciò è chiedere molto, tuttavia è necessario affrontare le domande di Tainter.

Questa sfida è una misura dell'enorme pressione della selezione in cui l'umanità è riuscita a mettersi. Attualmente, vedo molte cose che succedono in modo creativo in tutti questi tre domini intimamente collegati. Avremo successo nel fare il salto oltre il dirupo?


[1] Dellingpole, James, 2013, “Il segreto sporco della follia del potere Britannico: generatori a gasolio inquinanti costruiti in segreto da società straniere per intervenire quando non c'è vento per le pale eoliche – ed altri eco scandali folli ma veri”, su The Daily Mail, 13 luglio.

[2] Come ulteriore esempio, Axel Kleidon ha mostrato che estrarre energia dal vento (così come dalle onde e dalle correnti oceaniche) in qualsiasi grande scala avrebbe l'effetto di ridurre la “energia libera” utilizzabile dall'umanità (libera in senso termodinamico, a causa degli alti livelli di entropia che queste tecnologie generano e al contrario della raccolta diretta dell'energia solare attraverso la fotosintesi, il fotovoltaico e il solare termico, che invece aumentano l'energia libera disponibile per l'umanità) – vedete Kleidon, Axel, 2012, In che modo il sistema terrestre genera e conserva lo squilibrio termodinamico e cosa significa questo per il futuro del pianeta?, Max Planck Institute for Biogeochemistry, pubblicato su Philosophical Transaction of the Royal Society A,  370, doi: 10.1098/rsta.2011.0316.

[3] E.g. Murray e King, Nature, 2012.

[4] Questa etichetta è un ammiccamento alla “Gente di mare” che è rimasta coinvolta nella fine improvvisa dell'Età del bronzo circa 3.200 anni fa, in quella stessa parte del mondo che è attualmente amaramente invischiata in combattimenti atroci e nel terrorismo, cioè MENA.

[5] Tainter, Joseph, 1988, Il collasso delle società complesses, Cambridge University Press; Tainter, Joseph A., 1996, “Complessità, risoluzione dei problemi e società sostenibili” su Scendere alla terra. Applicazioni pratiche di economia ecologica, Island Press e Tainter, Joseph A. e Crumley, Carole, “Clima, complessità  risoluzione dei problemi nell'Impero Romano” (p. 63), su Costanza, Robert, Graumlich, Lisa J., and Steffen, Will, curatori, 2007, Sostenibilità o collasso, una storia integrata e un futuro per i popoli della terra, The MIT Press, Cambridge, Massachusetts e Londra, Regno Unito, in cooperazione con la Dahlem University Press.

[6] Vedete per esempio Armour, Kyle, 2016, “Sensitività climatica in aumento”,  www.nature.com/natureclimatechange, 27 giugno.

[7] Per una buona panoramica vedete Spratt, David, 2016, Climate Reality Check, marzo.

[8] Per esempio, Jacobson, Mark M. e Delucchi, Mark A., 2009, “Un percorso di sostenibilità per il 2030”, su Scientific American, novembre.

[9] Hall, Charles A. S. e Klitgaard, Kent A., 2012, Energia e ricchezza delle nazioni, Springer; Hall, Charles A. S., Balogh, Stephen, e Murphy, David J. R., 2009, “Qual è l'EROI minimo che deve avere una società sostenibile?” su Energies, 2, 25-47; doi:10.3390/en20100025. Vedete anche Murphy, David J., 2014, “Le implicazioni del declino dell'EROEI della produzione petrolifera” su Philosophical Transaction of the Royal Society A, 372: 20130126,http://dx.doi.org/10.1098/rsta.2013.0126.

[10] Joseph Tainter, 2011, “Energia, complessità e sostenibilità: una prospettiva storica”, Innovazione ambientale e transizioni sociali, Elsevier


domenica 18 settembre 2016

Sicuro come la morte e le tasse: confermata la vita media di due settimane del "meme terremoto"



Come prevedevo in un post precedente, la fiammata mediatica del "meme terremoto" si è esaurita in una quindicina di giorni. Adesso possiamo ricominciare a costruire case come prima.


giovedì 15 settembre 2016

Alcune riflessioni sul crepuscolo dell'era del petrolio – parte seconda



Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR

Parte prima.

di Louis Arnoux

Parte seconda - Indagare l'appropriatezza della domanda


Riconosciamolo, la situazione in cui ci troviamo, così come descritta sommariamente nella prima parte, è complessa.

Come amano affermare molti commentatori, rimane ancora un sacco di petrolio, carbone e gas “nel sottosuolo”.   Dal 2014, sono imperversati i dibattiti riguardo all'ipotetico “eccesso di petrolio”, riguardo a quanto potrebbero scendere i prezzi del petrolio, quanto potrebbero rimbalzare verso l'alto quando la domanda probabilmente recupera e “l'eccesso” svanisce e, di fronte a tutto questo, cosa potrebbe e non potrebbe succedere a proposito della “rinnovabili”.
Tuttavia, dal mio punto di vista, la situazione non è impossibile da analizzare in modo rigoroso, lontano da ciò che potrebbe apparire come buon senso, ma potrebbe non sostenere un'analisi.   Per esempio, i dati della prima parte hanno indicato che gran parte di ciò che è rimasto in termini di combustibili fossili è probabile che resti dov'è, nel sottosuolo, a meno di non avere accesso a politiche di gestione delle risorse difficili da concordare, semplicemente perché questo è ciò che impone la termodinamica.

Ora possiamo avventurarci un po' più avanti se teniamo fermo in mente che il mondo industriale globalizzato (MIG), e per esteso tutti noi, non “viviamo” di combustibili fossili ma dell'energia consegnata dal sistema energetico globale. E se teniamo  in mente anche che, in questa materia, i combustibili da trasporto derivati dal petrolio sono la chiave visto che, senza di loro, nessuno degli altri combustibili fossili e delle risorse nucleari possono essere movimentate e il MIG stesso non può funzionare.

Nella mia esperienza, molto spesso, quando ci si trova di fronte a questa ampia gamma di punti di vista in conflitto, specie se riguardano materie di pertinenza della fisica e delle scienze sociali, la mancanza di accordo è indicativa del fatto che le domande centrali non sono formulate bene. Il fisico David Bohm amava sottolineare: “Nelle indagini scientifiche, un passo cruciale è quello di porsi la domanda giusta. Infatti ogni domanda contiene presupposizioni, in modo largamente implicito. Se queste presupposizioni sono sbagliate o confuse, la domanda stessa è sbagliata, nel senso che cercare di rispondervi non ha senso. Così si deve indagare sulla pertinenza della domanda”.

Qui è importante, in termini di analisi sistemica, differenziare fra industria energetica globale (chiamiamola IEG) e il MIG. La IEG si fa carico direttamente della termodinamica e all'interno della IEG l'industria petrolifera (IP) è cruciale visto che, come abbiamo visto nella prima parte, è la prima a raggiungere il limite termodinamico di estrazione della risorsa e, visto che condiziona la fattibilità degli altri componenti della IEG, che nel loro stato attuale ed entro il quadro temporale rimanente non possono sopravvivere al collasso finale dell'IP.
Dall'altra parte, il MIG viene condizionato dal declino termodinamico con un ritardo, innanzitutto perché è tamponato dal debito – di modo che al momento dell'impatto del collasso termodinamico dell'IP diventa innegabile è troppo tardi per fare qualcosa.

Al livello micro, il debito può essere “buono” - per esempio le società prendono prestiti per espandersi e poi rimborsano il loro debito.  Al livello macro può essere letale ed ora lo è diventato, man mano che il debito globale non può più essere rimborsato (stimo che l'energia equivalente dell'attuale debito globale di stati, aziende e famiglie sia nell'ordine di circa 10.700 EJ, mentre l'attuale uso mondiale di energia è nell'ordine dei 554 EJ; non è più fattibile tenere a mente la differenza.

I prezzi del petrolio stanno precipitando.


Figura 4 - Il segnale radar di una Pearl Harbor petrolifera

 



In breve, il MIG ha vissuto su un debito totale sempre crescente all'incirca dal momento in cui l'energia netta pro-capite dal petrolio  ha raggiunto il picco nei primi anni 70.   La crisi del 2007-2008 è stato uno sparo di avvertimento.   Dal 2012 siamo entrati nell'ultima fase di questa triste saga – quando l'IP ha cominciato ad usare più energia (si dovrebbe di fatto parlare di exergia) all'interno della propria catena produttiva di quella che consegna al MIG.   Da questo punto in avanti, recuperare l'attuale sistema finanziario forzoso non è più fattibile.

Questo punto del 2012 ha segnato un passaggio radicale fra i motori del prezzo. [1] La Figura 4 combina le analisi del TGH (The Hills Group) e la mia.  Alla fine del 2014 ho visto l'inizio del crollo del prezzo del petrolio come un segnale su di uno schermo radar. Essendo ben conscio che gli EROI di petrolio e gas insieme erano già passati al di sotto della soglia minima di 10:1, ho capito che questo crollo era diverso da quelli precedenti: i prezzi erano diretti a crollare a terra. Poi mi sono reso conto che il TGH lo scorso mese lo aveva anticipato, che la loro analisi era robusta ed era corroborata dal mercato lì per lì.

Fino al 2012, il motore determinante del prezzo  era il costo energetico totale sostenuto dall'Ip. Fino ad allora il MIG poteva più o meno felicemente sostenere la traduzione di questi costi in prezzi del petrolio alti, intorno o al di sopra dei 100 dollari al barile. Ma non è più così.  Dal 2012, il motore determinante del prezzo del petrolio è ciò che il MIG si può permettere di pagare per essere ancora in grado di generare una residua crescita  del PIL (su un tempo preso in prestito) sotto l'influenza di una Regina Rossa che sta finendo il “respiro” termodinamico.  Definisco il processo in cui ci troviamo una “Pearl Harbor petrolifera”, che avviene in una specie di irreale moviola.  Ciò non è più recuperabile. Entro circa 10 anni l'industria petrolifera per come la conosciamo si sarà disintegrata.   Il MIG è attualmente senza difese di fronte a questa minaccia.


Il Re Drago del petrolio fallisce


Figura 5 – La “mano energetica”

 

Per illustrare come  funziona la IEG, spesso confronto i flussi energetici alle cinque dita di una mano: sono tutte necessarie e sono tutte collegate (Figura 5).   Sotto la Regina Rossa, la IEG sta progressivamente perdendo le sue “falangi” una dopo l'altra come per una specie di lebbra sconosciuta – ancora sconosciuta a causa del “velo” del debito che nasconde le perdite progressive e più fondamentalmente a causa di ciò a cui faccio riferimento in fondo alla Figura 5, cioè dove sono in ciò che chiamo il Re Drago del fallimento del petrolio.

Un Re Drago (RD) è un concetto statistico sviluppato da Didier Sornette dell'Istituto Federale Svizzero di Tecnologia, a Zurigo, e da altri per differenziare processi di alta probabilità e di alto impatto da eventi di tipo Cigno Nero, cioè eventi che sono di bassa probabilità ed impatto alto.

Lo chiamo il “fallimento del petrolio” perché ciò che lo innesca è lo stesso rapido “esaurimento” dell'energia netta per barile. E' un processo Re Drago, cioè ha un'alta probabilità ed alto impatto inatteso, puramente perché quasi nessuna delle élite che prendono decisioni ha familiarità con la termodinamica dei sistemi complessi che funzionano lontani dall'equilibrio; né hanno familiarità con i reali funzionamenti sociali delle società in cui vivono. I ricercatori hanno avvertito dell'alta probabilità di una cosa del genere perlomeno dal lavoro dei Meadows nei primi anni 70. [2]

Il Re Drago del “fallimento petrolifero” è il risultato dell'interazione fra questo esaurimento dell'energia netta, il cambiamento climatico, il debito e tutto lo spettro di problemi ecologici e sociali che sono cresciuti dai primi anni 70 – come ho osservato nella Figura 1, il Re Drago del “fallimento petrolifero” sta facendo montare una “tempesta perfetta” sufficientemente forte da mettere in ginocchio il MIG.  La Pearl Harbor petrolifera ci dice che il Re Drago del fallimento petrolifero è in pieno svolgimento.

Per spiegare ulteriormente questo, con riferimento alla Figura 5, il petrolio rappresenta circa il 33% dell'uso globale di energia primaria (dati BP).   I combustibili fossili hanno rappresentato circa l'86% dell'energia primaria totale nel 2014.   Tuttavia, carbone, petrolio e gas non sono come tre scatole ben allineate fianco a fianco dalle quali viene fornita energia magicamente, come vorrebbero la maggior parte degli economisti.

Nel mondo reale (cioè fuori dal mondo in cui vivono gli economisti), le catene di fornitura energetica formano delle reti piuttosto complesse. Per esempio, ci vuole elettricità per produrre molti derivati di petrolio, carbone e gas, mentre l'elettricità è essenzialmente generata da carbone e gas e così via.   Più precisamente, come osservato in precedenza, siccome il 94% di tutti i trasporti è basato sul petrolio, il petrolio è alla base di tutta la serie di reti energetiche complesse e globalizzate.

L'estrazione del carbone, il trasporto, la lavorazione e l'uso dipendono sostanzialmente da combustibili da trasporto derivati dal petrolio, idem per il gas. [3]   La stessa cosa vale per le centrali nucleari. Quindi il collasso termodinamico dell'IP, che è ora in corso e che è probabile che sia completo nel giro di 10 anni, sta innescando un effetto domino (ovvero una valanga o, in termini sistemici, una criticità auto organizzata, una CAO).

Attualmente e per il prossimo futuro, non ci sono sostituti per i combustibili da trasporto derivati dal petrolio che possano essere sviluppati entro il quadro temporale necessario e che siano accessibili per il MIG. In altre parole, il MIG sta cadendo in una trappola termodinamica proprio in questo momento.  Come ha osservato recentemente B. W. Hill, “Il mondo ora sta spendendo 2,3 trilioni di dollari all'anno in più per produrre petrolio di quanto riceve quando viene venduto.   Il mondo ora sta perdendo una gran quantità di soldi per mantenere la propria dipendenza dal petrolio”.

La Sindrome della Fatina dei Denti


Per tornare alla “domanda sulla domanda” di David Bohm, dal mio punto di vista ci troviamo in questa situazione fondamentalmente a causa di quello che chiamo la “sindrome della fatina dei denti”, da un'osservazione arguta di B.W. Hill in un dibattito su Internet all'inizio dell'anno scorso: “E' interessante che nessun analista sia ancora giunto alla conclusione ovvia che ci vuole petrolio per produrre petrolio. Credono forse che lo porti la Fatina dei Denti?”  Questa osservazione per me ha vividamente caratterizzato la prevalenza di una buona dose di pensiero magico al centro delle decisioni della IEG e del MIG.   Ovvero l'economia come una fantasia tipo macchina del moto perpetuo.  Le credenze illusorie non messe in discussione portano a conclusioni sbagliate.

Non è una cosa nuova, ecco qualche parola di spiegazione. Nel 1981 ho incontrato l'antropologa Laura Nader al congresso dell'Associazione Australia-Nuova Zelanda per il Progresso delle Scienze (AANZAS) tenutosi quell'anno all'Università del Queensland di Brisbane.   Eravamo entrambi relatori ospiti dei seminari che si concentravano su energia ed equità ed in particolare su come le società affrontano realmente le questioni energetiche, le crisi energetiche, e come decidono sulle linee d'azione.  Il titolo del suo articolo era “Energia ed equità, magia, scienza e religione rivisitate”.

Negli ultimi anni, la Nader era divenuta mombro degli organi statunitensi che supervisionano le reazioni al primo ed al secondo shock petrolifero ed all'industria dell'energia nucleare statunitense (era un membro del Comitato per il Nucleare e i Sistemi Energetici Alternativi dell'Accademia Nazionale delle Scienze (CNSEA).  Come antropologa, inizialmente è stata presa alla sprovvista da quello che osservava ed ha proceduto ad applicare le sue capacità antropologiche per provare a capire le strane “tribù” fra le quali era capitata.  Il titolo del suo articolo era una strizzata d'occhio al famoso lavoro di Malinowski su Trobriands del 1925.

Malinowski aveva evidenziato che: “Non esiste gente, per quanto primitiva, senza religione o magia. Né esistono... razze selvagge [sic] carenti o nell'attitudine scientifica o nella scienza anche se questa mancanza è stata attribuita di frequente a loro”.

La Nader ha osservato che il tipo di decisione prevalente nel mondo industrializzato in cui stava vivendo era anche il risultato di una strana miscela di “magia, scienza e religione” col pensiero magico e mitico, quasi religioso, che predomina fra le persone che erano viste e che vedevano sé stesse come razionali e che prendevano decisioni fondate sulla scienza. In quel periodo ero impegnato in una ricerca molto simile, avevo osservato esattamente lo stesso tipo di fenomeno nel mio campo di ricerca asiatico-australiano ed avevo raggiunto conclusioni simili.

Nelle mie osservazioni, dagli anni 70 la prevalenza di questa sindrome è considerevolmente peggiorata.  Questo è ciò che cerco di comprendere come la “Sindrome della Fatina dei Denti”.  Con la Pearl Habor petrolifera, l'influenza indiscussa della Fatina dei Denti sta giungendo alla fine. Tuttavia, l'impronta del tipo di pensiero in stile Fatina dei Denti rimane così forte che gran parte delle discussioni ed analisi rimane molto confusa, persino entro circoli scientifici che danno ancora per scontate le nozioni economiche.

Sul più lungo termine, la fine dell'effetto del Re Drago del fallimento del petrolio è probabile che sia un declino improvviso delle emissioni di gas serra.   Tuttavia, il pericolo che vedo è che nel frattempo la IEG, e più specificamente l'IP, non “si rannicchierà e morirà” semplicemente.   Penso piuttosto che ci troviamo in una situazione tipo “duri a morire”.   Dal 2012 stiamo già assistendo a ciò che chiamo la “Folle Corsa” (FC) da parte di una vasta gamma di attori della IEG che cercano di mantenersi in piedi finché possono, volando alla cieca verso il suolo.
Il risultato finale è difficile da evitare con una IEG che funziona solo col 12% di efficienza energetica, cioè con un uso inutile del 88% dell'energia primaria. L'agonia del MIG è probabile che finisca in una grande esplosione delle emissioni di gas serra mentre l'energia netta di esaurisce.
Il grande pericolo è che la vecchia boutade sfocerà su una scala planetaria: “l'operazione è riuscita ma il paziente è morto”... Da qui il mio appello ad “indagare sulla pertinenza delle domanda” ed al pensiero sistemico.   Siamo in grossi guai.   Non possiamo permetterci di capire male.


A seguire: Parte terza - Trovarsi leggermente oltre il bordo del dirupo



Biografia: il dottor Louis Arnoux è uno scienziato, un ingegnere ed un imprenditore impegnato a sviluppare modi sostenibili di vivere a fare affari. Il suo profilo è disponibile su Google+ all'indirizzo: https://plus.google.com/u/0/115895160299982053493/about/p/pub




[1] Come ha definitivamente chiarito il THG, vedete http://www.thehillsgroup.org/depletion2_022.htm.

[2] Il lavoro originario dei Meadows è stato ampiamente corroborato nei decenni seguenti. Vedete per esempio Donella Meadows, Jorgen Randers e Dennis Meadows, 2004, I nuovi limiti dello sviluppo, The Donella Meadows Institute; Turner, Graham, 2008, Un confronto de “I limiti dello sviluppo” con 30 anni di realtà,  Socio-Economics and the Environment in Discussion, CSIRO Working Paper Series 2008-09; Hall, Charles A. S. e Day, John W, Jr, 2009, “Rivisitare i limiti della crescita dopo il picco del petrolio” su American Scientist, maggio-giugno; Vuuren, D.P. van e Faber, Albert, 2009, Crescere entro i limiti, un rapporto per l'assemblea globale del Club di Roma del 2009, Agenzia di Valutazione Ambientale Olandese e Turner, Graham, M., 2014, Il collasso globale è imminente? Un confronto aggiornato dei Limiti dello sviluppo coi dati storici, MSSI Research Paper No. 4, Istituto della Società Sostenibile di Melbourne, Università di Melbourne.

[3] Anche se c'è una spinta ad usare sempre più gas naturale liquefatto per le metaniere o come carburante di bunkeraggio in navi ordinarie.


sabato 10 settembre 2016

Ricchezza e povertà: consumi pro-capite



Un post di Alessandro Pulvirenti

Cresce la popolazione mondiale e crescono anche i consumi di combustibili fossili.

Ci domandiamo:

a livello pro-capite, si sta diventando sempre più ricchi (aumento dei consumi pro-capite), oppure no?

Se poniamo gli indici a 100 (nel 2002) di: PIL, consumi energetici e popolazione; possiamo vedere se c’è una relazione tra queste grandezze.


Dal grafico possiamo trarre alcune considerazioni:
1. La popolazione mondiale cresce sempre (anche se nel mondo ci sono delle guerre);
2. I consumi crescono più della popolazione, questo dovrebbe farci pensare che consumiamo di più pro-capite;
3. Il PIL sembra avere lo stesso andamento crescente dei consumi, ma con variazioni molto più accentuate sia in positivo che in negativo.


Analizzando solo le variazioni annuali di PIL e consumi energetici, vediamo che, come già intuito, il PIL amplifica le variazioni dei consumi, sia in positivo che in negativo.

Questo vuol dire che: per esserci un aumento del PIL, ci deve essere un aumento dei consumi energetici.

Adesso andiamo a guardare come sono andati i consumi pro-capite:


Dal grafico si vede che:

• I consumi di petrolio hanno raggiunto il picco nel 1978 a 5,19 bep/y e poi sono scesi mantenendosi intorno i 4,3 bep/y;

• i consumi di tutti i combustibili fossili, non hanno raggiunto ancora un picco (la piccola discesa del 2015 è dovuta al fatto che il mondo nel 2015 è stato in recessione (vedi PIL)).

• I consumi energetici totali, anche loro non hanno raggiunto il picco.

Il fatto che il petrolio abbia raggiunto il picco pro-capite, lo possiamo spiegare tramite il seguente grafico:


Nel 1978 il petrolio copriva il 51,5% dei consumi di combustibili fossili; da allora, vista l’eccessiva dipendenza da tale fonte e i problemi dovuti all’eccessivo prezzo, ha fatto si, che si utilizzassero sempre più le altre due fonti fossili (gas e carbone), facendo si che, nel 2015 la quota coperta dal petrolio scendesse al 38,5%.
Il totale pro-capite è aumentato, mentre la quota fornita dal petrolio è diminuita facendo si, che scendesse sotto il picco del 1978.


Il minore uso di petrolio (a livello pro-capite), ha fatto si che: le riserve di petrolio pro-capite salissero a 32 bep, mentre le riserve totali di combustibili fossili, si sono ridotti da 127 a 110 bep.

Questo vuol dire che le riserve pro-capite stanno diminuendo, cioè la popolazione cresce e consuma più velocemente delle scoperte di nuovi giacimenti di combustibili fossili.


CONFRONTO TRA: CONSUMI, POPOLAZIONE E PIL (PPA)

Calcolando la media mondiale dei consumi di energia primaria totale, otteniamo 1,80 tep/y pro-capite (cioé 1,8 tonnellate di petrolio equivalente ogni anno per ogni persona).

Se prendiamo questo valore e lo raddoppiamo o lo dimezziamo 4 volte, otteniamo 4 fasce di consumi superiori alla media (dalla media in su), e 4 fasce di consumi inferiori.


ANALISI DELLE FASCE

Analizzando le fasce, si può vedere:

• La fascia 4, è composta dal resto dei Paesi sviluppati europei (compresa l'Italia) e da un grandissimo Paese come la Cina; incide per il 31,2% della popolazione e per il 42% dei consumi mondiali; quindi popolazione e consumi sono quasi allineati;

• La fascia 3, dove c’è un grande Paese sviluppato come gli USA, e i più ricchi Paesi d’occidente, incidono per circa il 10% della popolazione e del 31,5% dei consumi;

• Le prime due fasce sono occupate dai ricchi Paesi Arabi o da piccole isole. La loro incidenza complessiva è del 7,85% dei consumi e meno dell’1,5% della popolazione mondiale.

Come si vede nella tabella riassuntiva, la popolazione mondiale che vive sotto la media pro-capite è di 4,2 Miliardi di persone, il 57,37% della popolazione.

Se volessimo sconfiggere la povertà nel mondo, alzando i consumi della popolazione che sta sotto la media mondiale, dovremmo aumentare i consumi del:

+122 %: per portarli al livello Italiano (2,5 tep);
+69 %: per portarli al livello Cinese (2,2 tep);
+29 %: per portarli al livello Iracheno (1,1 tep);
+6 %: per portarli a livello Indiano (0,5 tep).

Se anche i Paesi ricchi cedessero la parte eccedente della media dei consumi mondiali, ai Paesi più poveri, potrebbero cedere solo il 33% delle risorse energetiche. Portando i Paesi poveri a un livello intermedio tra Iraq e Cina, non sufficiente a far raggiungere la media mondiale.

Una più equa distribuzione della ricchezza NON è sufficiente a portare i Paesi poveri del mondo, a livelli medi mondiali.

EQUA DISTRIBUZIONE DELLE RISORSE?

Sfatiamo uno dei miti che sostiene che:

"il 20% della popolazione mondiale, la più ricca, sta consumando l'80% delle risorse del mondo"; cioé che 1/5 della popolazione mondiale consuma per 4 volte di più, non è vero.

La Cina unendosi ai Paesi sviluppati (ha il PPA: PIL corretto in base al potere d'acquisto, più alto del mondo), cambia i rapporti nei consumi mondiali, portando al 42% la popolazione mondiale che consuma l'81% delle risorse mondiali; quindi il rapporto scende dal quadruplo ipotizzato a meno del doppio.

Se vogliamo vedere anche cosa è successo nel passato abbiamo:

Si vede una tendenza a una più equa distribuzione delle risorse.

Addirittura, nel prossimo grafico vediamo che i Paesi sviluppati dell'OECD hanno pure perso il primato nei consumi.
Questo vuol dire che i Paesi che prima non erano sviluppati (Non OECD), stanno già consumando più risorse dei Paesi sviluppati (OECD) di una volta.


PIL e Consumi

Considerazioni sul PIL e Consumi sono difficili da fare, in quanto, buona parte del PIL dei ricchi va in beni importati, i quali aumentano i consumi nei Paesi di produzione e non in quelli di fruizione dei beni. La globalizzazione rende tutti interdipendenti.


CRESCITA DEMOGRAFICA E CONSUMI

Quale sarebbe l’andamento dei consumi pro-capite negli anni a venire, in base all’aumento di popolazione prevista e in base alle scoperte e ai consumi di combustibili fossili?

L’andamento, della curva demografica, dovrebbe essere il seguente (in base ai parametri più comuni usati):

(Gli studiosi hanno capito che: la crescita demografica ci sarà fiché ci saranno risorse a disposizione; e difatti la curva demografica inizia a scendere quando le risorse iniziano a diminuire).

Ripropongo il grafico con le previsioni più ottimistiche, quelle riguardanti tutti i combustibili fossili con:
investimenti massimi (investimenti = 5) e Scoperte = 20%.

Legenda:
- Passato lordo: Energia lorda estratta
- Futuro lordo: Energia lorda da estrarre
- Futuro netto: Energia netta utilizzabile (Lorda - costi)
- Futuro costi: Costi energetici di estrazione

Come si può vedere, i costi energetici di estrazione tendono a salire quanto più ci avviciniamo all'esaurimento del combustibili fossili (ritorni decrescenti).

La situazione pro-capite sarà la seguente:

Da questo grafico si evince che, nella migliore delle ipotesi ci sarà ancora qualche piccola frazione percentuale di crescita dagli 11,3 bep/y attuali ai 11,7 bep/y nel 2050, mentre la curva netta dell’energia, vediamo che sta già iniziando a scendere.

Se invece gli investimenti si riducono:
- perché si vuole che gli Stati non finanzino la loro estrazione;
- perché i privati non investono in settori in cui ci sono scarse prospettive di guadagno (leggi che disincentivino l'uso dei combustibili fossili);

allora, pur considerando lo stesso degli investimenti (medio/bassi) (investimenti=2) e di conseguenza si avranno minori scoperte di giacimenti (scoperte=5%), la situazione che avremo è la seguente:


Dal quale si evince che: immediatamente le risorse disponibili pro-capite diminuiscono; con conseguente crisi energetica e l'impossibilità di finanziare eventuali fonti alternative.


CONCLUSIONI

Con le dovute approssimazioni che una simulazione può fare, quello che si evince è che:

1) crescita, dell’energia netta disponibile, non ce ne sarà più! Tutta la crescita netta dell’energia disponibile, verrà assorbita dalla crescita della popolazione;

2) il PIL Mondiale potrà anche crescere, ma il PIL pro-capite non crescerà più o non lo farà a livello apprezzabile.

Il sintomo della decadenza si potrà incominciare a percepire, quando non ci saranno abbastanza risorse per la manutenzione (edifici, strade, ponti, ...).

Le nuove generazioni avranno un tenore di vita medio, uguale o inferiore a quello dei loro genitori; nel lungo periodo sicuramente più basso.

3) ci saranno molti disordini sociali (con ulteriore distruzione di beni immobili), che non faranno altro che aggravare la situazione di crisi, specialmente nelle città.


4) possibili guerre tra i Paesi che hanno ancora abbastanza risorse per loro e quelli che, o li stanno esaurendo, o ne sono totalmente dipendenti.

5) Quello che accadrà in futuro, dipende principalmente dalle scelte politiche che si prendono; e quest'ultime sono meno intuitive di quello che sembra. Scelte basate su buone intenzioni, non è detto che migliorino la situazione.

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Note:
l'elenco completo delle fonti di dati non lo ricordo, perché integro i dati trovati dalle varie fonti, nella mia banca dati.
Eseguendo le analisi con la mia banca dati, poi non ricordo da dove essi siano stati presi.

Fonti che ricordo:
- Fonte dati energetici: bp
(http://www.bp.com/en/global/corporate/energy-economics/statistical-review-of-world-energy.html)

- Fonte PIL (PPP o PPA): World Bank - in Wikipedia
https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_countries_by_GDP_(PPP)


By Alessandro Pulvirenti

giovedì 8 settembre 2016

Scala Mercalli e il collasso del dibattito




Se mi capita (di rado, per fortuna) di mettere gli occhi sullo schermo della TV quando c'è un notiziario, mi sembra di vedere la cronaca di un altro pianeta; non quello sul quale vivo io. Vedo soltanto persone farneticanti, continuamente arrabbiate per qualcuno o per qualcosa: l'euro, la Merkel, Putin, Hillary, Trump, Erdogan, olimpiadi, calcio, la Raggi, Salvini, Alfano, cosa ha detto Renzi, cosa non ha detto Renzi e questo e quello. 

Ma è questo un dibattito? E i problemi veri, il fatto che le risorse diminuiscono sempre di più, la temperatura del pianeta aumenta, gli ecosistemi vanno a quel paese, quando se ne parla e chi ne parla? L'unico che ne parlava era Luca Mercalli nel suo programma "Scala Mercalli", l'unica trasmissione dove si parlava di problemi reali. Ed era anche fatta parecchio bene. Ovviamente, hanno finito per chiuderla.

Insomma, non siamo messi bene. Qui di seguito, un post di Alessandro Corradini ("il Panda") sull'argomento. Da leggere anche il post in proposito di oggi su "Climalteranti". Se poi avete un attimo per firmare una delle varie petizioni per reintrodurre la trasmissione, magari non serve a niente, ma non si sa mai!

UB
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Riapriamo Scala Mercalli!
Il vostro affezionato Panda non ha mai fatto mistero di essere un grande fan di SCALA MERCALLI, il programma di Rai3 condotto da Luca Mercalli.

Aver saputo della soppressione del programma è stato un dolore che va al di là dei personali gusti da telespettatore. 

Difendere SCALA MERCALLI è un dovere per l'importante messaggio culturale e civico che il programma incorpora. Inoltre difendere programmi come SCALA MERCALLI è un modo per rivendicare il diritto ad una TV pubblica di qualità.

Per questi ed altri motivi ancora il Panda invita tutti a sottoscrivere la petizione di Manuel Castelletti e Domenico Finiguerra. Tale petizione chiede a Daria Bignardi (attuale Direttore di Rai3) di ridarci indietro la splendida trasmissione SCALA MERCALLI.

Per chi fosse interessato a sottoscriverla:

https://www.change.org/p/direttore-rai-3-riapriamo-scala-mercalli

Buon futuro a tutti dal vostro affezionatissimo Panda


domenica 4 settembre 2016

Sostenibilità - Insostenibilità


Ecco la cosa: se le pietre sono o no senzienti, se le sequoie sono più intelligenti o più stupide degli esseri umani (o se, come credo sia il punto, la loro intelligenza è così vastamente diversa da non essere confrontabile, e le misurazioni interspecifiche di intelligenza sono impossibili e nella migliore delle ipotesi senza senso (e nel peggiore dei casi dannose, come si vede, quando le usiamo per sostenere suprematismi preesistenti)), se i fiumi sono semplicemente recipienti per l'acqua o esseri a sé stanti, queste non sono le domande principali da porre.

Pensateci : i Tolowa (indiani del nord-ovest americano, ndt) hanno vissuto dove vivo ora per almeno 12.500 anni, se si crede ai miti della scienza; e hanno vissuto qui fin dall'inizio del tempo, se si crede ai miti dei Tolowa. E non distrussero il posto. Quando gli Europei arrivarono qui il posto era un paradiso. Non sto dicendo che i Tolowa erano perfetti, non più di quanto chiunque altro è perfetto. Sto dicendo che vivevano qui in modo sostenibile.

La cultura dominante ha rovinato questo luogo, come essa rovina ogni luogo.

La più grande differenza tra le visioni del mondo degli Occidentali e quelle degli Indigeni è che gli esseri umani Indigeni in genere percepiscono il mondo come composto da altri esseri con i quali possono e dovrebbero entrare in relazioni rispettose, e gli Occidentali in genere percepiscono il mondo come consistente di risorse da sfruttare.

La visione del mondo civilizzato occidentale è insostenibile. Una credenza nella superiorità umana - e le credenze che i non-umani non sono pienamente senzienti, che i fiumi non sono esseri, e così via - non è sostenibile. Il fatto che è insostenibile significa che è insanabilmente disadatta. Il fatto che sia insanabilmente disadatta significa che è un vicolo cieco evolutivo. Il fatto che sia insostenibile mi rende chiaro che è anche inesatta : una percezione esatta del proprio posto nel mondo e le azioni basate su questa percezione mi sembrano essere più propense a portare alla sostenibilità; mentre una percezione inesatta del proprio posto nel mondo, e le azioni sulla base di questa percezione, mi sembrerebbero essere più propense a portare alla insostenibilità. Come si vede.

Non conosco il motivo per cui sempre più persone non capiscono questo. Credo sia perché le credenze indiscusse sono le vere autorità di ogni cultura. 

E credo sia perché alla maggior parte dei membri di questa cultura è stato inculcato di non aver cura della vita su questo pianeta. Quest'ultima frase da sola è sufficiente ad affossare una credenza nella supremazia umana.


giovedì 1 settembre 2016

L'esaurimento è reale, l'esaurimento è adesso, e se vi punge una medusa ora sapete il perché

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR

di Ugo Bardi



La mia collaboratrice, Ilaria Perissi (sulla destra nella foto), mentre spiega i risultati del nostro lavoro sull'esaurimento del pesce alla 34ma conferenza della società di dinamica dei sistemi a Delft, in Olanda. Abbiamo scoperto che gli stessi modelli che descrivono l'esaurimento del petrolio possono essere applicati all'esaurimento del pesce e che l'eccesso di sfruttamento è il meccanismo principale che porta al declino della pesca mondiale. Se desiderate una copia dell'articolo, scrivetemi a ugo.bardi(arneseaspirale)unifi.it.


Solo qualche giorno fa, una mia amica mi ha mostrato tre strisce rossastre che aveva sul braccio. Era il risultato di uno sfortunato incontro con una medusa mentre nuotava nel Mar Mediterraneo. Oggi, questo tipo di incontri è diventato un evento normale; sembra normale che, quando si snuota in mare si deve avere un atteggiamento quasi paranoico e continuare a guardare in tutte le direzioni per evitare una dolorosa strisciata con una di queste creature. Ti fa invidiare gli australiani che, dopo tutto, hanno solo gli squali di cui preoccuparsi quando nuotano. (In realtà hanno anche meduse estremamente velenose, ma gli squali sono più spettacolari, come si può evincere da alcuni recenti film hollywoodiani).

Eppure, questa invasione di meduse aliene non era normale solo pochi decenni fa. E, di sicuro, non era normale un secolo fa, quando la costa del Mediterraneo era la casa di molti pescatori locali che si guadagnavano da vivere con quello che pescavano. Ma oggi cosa si porterebbero a casa? Al massimo, un carico di meduse, ma le loro proprietà nutritive non sono il massimo. Così, c'è stato un cambiamento, un grande cambiamento nella popolazione di pesce nel mare. E questo cambiamento ha una causa: si tratta dello sfruttamento eccessivo che ha esaurito la pesca. Il mare è stato quasi svuotato dal pesce e questo ha generato un boom della popolazione di meduse e di altri invertebrati, come i granchi e le aragoste., il cui numero, una volta, veniva tenuto sotto controllo dai pesci.

Così avrei potuto dire alla mia amica che le strisce rosse dolorose sul suo braccio erano il risultato della tendenza umana a sfruttare eccessivamente le risorse naturali: petrolio, pesce o quello che sia. La nostra tendenza a massimizzare il nostro profitto immediato porta a distruggere le risorse che ci permettono di vivere. Tuttavia, ovunque le persone riescano ancora a guadagnarsi da vivere con qualcosa, menzionare l'esaurimento di quel qualcosa di solito è un tabù. Quella parola semplicemente non la dici in una conversazione civile. Ma è una lunga storia che è cominciata quando i cacciatori di balene giurarono che il fatto di non poter prendere più tante balene era perché le balene “erano diventate timide” (come potete leggere su “Storia della pesca americana alle balene” del 1876 di William Starbuck). In tempi moderni, menzionare l'esaurimento e lo sfruttamento eccessivo spesso incontra disprezzo, specialmente da parte degli economisti che rimangono convinti che il meccanismo del mercato possa ottimizzare tutte le attività economiche. Per esempio, Daniel Pauly ed altri hanno già pubblicato nel 1998 un articolo intitolato “Pescare in profondità nella catena alimentare marina”, descrivendo esattamente il fenomeno che porta il mare ad essere vuoto di pesce e pieno di invertebrati. Ma, come ci si potrebbe aspettare, questo è stato definito come un mito. Ti verrebbe da dire a questa gente di farsi una bella nuotata nel Mar Mediterraneo e vedere da soli l'abbondanza che c'è lì di invertebrati.

Alla fine, di tutto si può dibattere, discutere, sostenere o negare. Ma penso che io e i miei collaboratori abbiamo dato un contributo non trascurabile alla comprensione dell'eccessivo sfruttamento della pesca marina. Abbiamo potuto farlo applicando alla pesca gli stessi modelli di dinamica dei sistemi che vengono usati per il picco del petrolio. Ed abbiamo scoperto che i modelli funzionano. Il ciclo di crescita e declino di molti tipi di pesca può essere descritto come un semplice modello che ipotizza che il fattore principale che condiziona la produttività è l'abbondanza della riserva di pesce. E il modello mostra che la riserva di pesce declina. Il pesce viene rimosso dagli oceani più rapidamente di quanto la riserva possa rigenerarsi con la riproduzione. Ecco i dati sulla pesca giapponese che abbiamo presentato a Delft.


Quindi, l'esaurimento è reale, l'esaurimento è adesso e se vi punge una medusa ora sapete il perché.


Se volete avere una copia dell'articolo presentato alla conferenza di Delft, scrivetemi a ugo.bardi(cosabriosa)unifi.it. L'articolo completo è attualmente in revisione. Devo anche ringraziare i mie collaboratori Ilaria Perissi, Alessandro Lavacchi e Toufic El Asmar.