sabato 10 ottobre 2015

Quello che la Exxon sapeva del cambiamento climatico

Da  “The New Yorker”. Traduzione di MR (via Skeptical Science)

Di Bill McKibben



Pompe di benzina Exxon e Mobil, New York 1979. Due anni prima, secondo un nuovo rapporto, gli scienziati della Exxon hanno detto alla società che il loro prodotto principale contribuiva al riscaldamento globale. Foto di Brian Alpert/Keystone/Hulton Archive/Getty

Mercoledì mattina, i giornalisti di InsideClimate News (ICN), un sito Web che ha vinto il Premio Pulitzer per i suoi servizi sulle perdite di petrolio, ha pubblicato la prima dispensa di una denuncia i più parti che apparirà nei prossimi mesi. I documenti che hanno raccolto e le interviste che hanno fatto agli impiegati in pensione ed ai funzionari mostrano che, già nel 1977, la Exxon (ora ExxonMobil, una delle società più grandi del pianeta) sapeva che il proprio prodotto principale avrebbe scaldato disastrosamente il pianeta. Ciò non ha impedito alla società di passare da allora decenni a organizzare le campagne di disinformazione e negazione che hanno rallentato  - forse fatalmente – la risposta del pianeta al riscaldamento globale.


Naturalmente, c'è la sensazione per cui si presumeva già che fosse così. Tutti coloro che hanno fatto attenzione sapevano del cambiamento climatico ormai da decenni. Ma risulta che la Exxon non solo “sapeva” del cambiamento climatico: ha condotto parte della ricerca originale. Negli anni settanta e ottanta del secolo scorso, la società ha assunto scienziati di punta che hanno lavorato fianco a fianco  coi ricercatori universitari e il Dipartimento dell'Energia, persino attrezzando una delle petroliere della società con sensori speciali e inviandola in una spedizione per raccogliere letture di CO2 sull'oceano. Nel 1977, uno scienziato esperto della Exxon di nome James Black è stato, secondo i suoi stessi appunti, in gradoo di dire al comitato di gestione della società che c'era un “consenso scientifico generale” che quelllo che allora veniva definito effetto serra era causato principalmente dal CO2 prodotto dall'uomo. Un anno dopo, parlando ad un pubblico anche più vasto all'interno della società, ha detto che la ricerca indicava che se avessimo raddoppiato la quantità di biossido di carbonio nell'atmosfera del pianeta avremmo aumentato le temperature di 2-3°C. Corrisponde quasi al punto in cui si trova il consenso scientifico oggi. “Il pensiero attuale”, ha scritto Black nel sommario, “sostiene che l'uomo ha una finestra temporale di 5-10 anni prima che la necessità di prendere decisioni difficili che riguardano cambiamenti nelle strategie energetiche possa diventare cruciale”. Quei numeri erano a loro volta quasi corretti. E' stato esattamente 10 anni dopo – dopo un decennio in cui gli scienziati della Exxon hanno continuato a fare ricerca climatica sistematica, che ha mostrato, come dice un rapporto interno, che fermare “il riscaldamento globale richiederebbe grandi riduzioni nella combustione di combuastibili fossili” - che lo scienziato della NASA James hansen ha portato il cambiamento climatico ad un pubblico più vasto dicendo, ad un'audizione al Congresso del giugno 1988, che il pianeta si stava già scaldando. E come ha risposto la Exxon? Dicendo che la sua ricerca indipendente sosteneva le scoperte di Hansen? Cambiando il focus della società  verso la tecnologia rinnovabile?

Non è andata così. La Exxon ha invece rispsoto aiutando ad approntare o finanziare campagne di negazionismo climatico estreme (In un post in risposta al rapporto del ICN, la società ha detto che dai documenti è stato fatto "cherry picking” per “distorcere la nostra storia di ricerca scientifica climatica pionieristica” e di sforzi per ridurre le emissioni). La società ha lavorato coi veterani dell'industria del tabacco per cercare di infondere il dubbio nel dibattito climatico. Lee Raymond, che è diventato AD della Exxon nel 1993 – ed è stato dirigente di lungo corso durante il decennio in cui la Exxon ha studiato la scienza del clima – ha tenuto una discorso chiave ad un gruppo di capi cinesi e di dirigenti dell'industria petrolifera nel 1997, alla vigilia dei negoziati di Kyoto. Ha detto loro che il globo si stava raffreddando e che l'azione governativa per limitare le emissioni di carbonio “sfida il buon senso”. Negli ultimi anni è diventato così caldo (la Denuncia di ICN ha coinciso con l'uscita dei dati che mostrano che l'estate appena trascorsa è stata la più calda della storia registrata negli Stati Uniti), che non ha più senso negarlo. Il successore di Raymond, Rex Tillerson, ha accettato a malincuore il cambiamento climatico come reale, ma lo ha definito come un “problema ingegneristico”. A maggio, ad un incontro di azionisti, ha preso in giro l'energia rinnovabile e ha detto che “la razza umana ha quest'enorme capacità di affrontare le avversità”, il che sarebbe tornato utile in caso di “meteo inclemente” che “potrebbe essere indotto, ma anche no, dal cambiamento climatico”.

L'influenza dell'industria petrolifera è essenzialmente immutata, persino adesso. L'Amministrazione Obama può aver lasciato a piedi Big Coal, ma il più ricco Big Oil quest'estate ha ottenuto il permesso di trivellare nell'Artico. Washington presto potrebbe concedere i diritti per le trivellazioni in mare lungo la costa atlantica, mettendo fine ad un divieto di lunga duratas sulle esportazioni di petrolio. Tutte queste misure aiutano ad alimentare il flusso di carbonio diretto nell'atmosfera – il flusso di carbonio di cui la Exxon sapeva già quasi quaranta anni fa che sarebbe stato probabilmente disastroso.

Siamo diventati così assuefatti a questo tipo di potere corporativo che il rapporto di ICN hanno ricevuto un'attenzione relativamente ridotta. La grande notizia del giorno sui social media è venuta di Irving, in Texas, dove un poliziotto ha ammanettato un giovane musulmano per aver portato la sua sveglia fatta in casa a scuola. Per tutto il giorno la gente ha twittato #iostoconahmed, e giustamente. E' stupendo vedere il potere del mondo creato da Internet puntare la luce su ingiustizia specifiche (e in questo caso raccontare). C'è un direttore ed un capo della polizia ad Irving che probabilmente penserà in modo diverso la prossima volta. Ma abbiamo disperatamente bisogno dello stesso tipo di concentrazione sugli abusi di lunga durata e di fondo delle grandi corporazioni. Si da il caso che anche la Exxon abbia sede ad Irving, in Texas.