martedì 4 febbraio 2014

Nessun negazionista in trincea: l'industria delle assicurazioni affronta la realtà climatica.

Da “Climate crocks”. Traduzione di MR

Le linee verdi sono tempeste di vento ed eventi alluvionali. La linea rossa sono eventi geofisici.

I negazionisti climatici negano queste intrusioni fastidiose di realtà. Per i giganti assicurativi come Munich Re e i Llyods di Londra, il cambiamento climatico è una realtà che si manifesta dove fa più male, sui libri contabili. Il lungo estratto che segue è una ricerca piuttosto straordinaria per una pubblicazione mainstream e merita un'occhiata.

Globe e Mail:

In conseguenza alle alluvioni in Germania e Canada, le vittime, gli assicuratori, i media, i politici e gli scienziati ponevano tutti le stesse domande: cosa le ha causate? E' stato l'inarrestabile accumulo di biossido di carbonio? Possono gli eventi atmosferici “estremi” diventare la nuova normalità o sono atti di Dio di una volta ogni millennio?

Negli uffici della Munich Re non c'era grande dibattito visto che gli assegni per i danni volavano via dalla porta: la maggior frequenza degli eventi atmosferici estremi è influenzata dal cambiamento climatico e il cambiamento climatico recente è in gran parte dovuto alla combustione di idrocarburi. “Sono piuttosto convinto che gran parte del cambiamento climatico sia causato dall'attività umana”, dice Peter Höppe, responsabile dei rischi geologici alla Munich Re.
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La sua dichiarazione non è notevole, anche se i grandi assicuratori americani non amano mettere le parole “cambiamento climatico” e “antropogenico” nella stessa frase. Ciò che è notevole è che la Munich Re ha avvertito rispetto al riscaldamento globale già nel 1973, quando ha notato che i danni da alluvione stavano aumentando. E' stata la prima grande compagnia a farlo – due decenni prima che il Summit per la Terra a Rio de Janeiro innescasse un attacco d'ansia planetario pubblicizzando i concetti di “riscaldamento globale” e “cambiamento climatico”. 




Da un powerpoint di Peter Hoeppe di Munich Re. La pubblicazione de Munich Re del 1973 che avvertiva degli impatti degli eventi estremi dovuti al cambiamento climatico. 

Munich Re, Swiss Re ed altri riassicuratori, insieme al mercato assicurativo dei Lloyd’s di Londra  (non collegato alla banca dallo stesso nome), emergono dal resto del mondo degli affari per il fatto di essere sulla stessa frequenza degli scienziati sul cambiamento climatico. Per di più, mentre gran parte del pianeta  tiene la testa nella sabbia rispetto alla realtà ed alle richieste del riscaldamento globale, l'industria delle riassicurazioni è già andata avanti nel padroneggiare la matematica di altre catastrofi. 

Höppe è compatto, intenso ed entusiasta. Un po' sgualcito, come uno scienziato da Central Casting, ama sostenere le proprie dichiarazioni con fonti ufficiali, saltando in in continuazione, durante l'intervista, a recuperare documenti. Il documento del 1973 che stampa per me è una fonte di orgoglio all'interno della compagnia, che si autodefinisce “la prima a dare l'allarme sul riscaldamento globale”. L'avvertimento annota “l'aumento della temperatura dell'atmosfera terrestre [a causa del quale i ghiacciai e le calotte polari recedono, le superfici dei laghi sono ridotte e le temperature dell'oceano aumentano]”. Punta al “aumento del contenuto di CO2 nell'aria, che causa un cambiamento nell'assorbimento dell'energia solare”. 

L'avviso termina con un impegno: “Vogliamo ingrandire su questo complesso di problemi più in dettaglio, specialmente perché – per quanto ne sappiamo – il suo impatto sulle tendenze del rischio a lungo raggio al momento non sono state esaminate”. 

L'impegno è stato mantenuto. Munich Re ha esaminato il cambiamento climatico da allora, compilando il database più esteso del mondo sui disastri naturali, coprendo circa 33.000 eventi avvalendosi della ricerca del proprio staff e più di 200 altre fonti. “Non c'è stata nessuna industria o azienda che abbia affrontato il cambiamento climatico così presto”, dice.

Come mai Munich Re e gli altri riassicuratori lo hanno capito così presto? La risposta, in una parola, è paura – paura delle perdite che potrebbero distruggere i loro affari. Nessuna industria ha più incentivo a conoscere gli effetti del cambiamento climatico delle industrie di assicurazione e riassicurazione. 


LONDRA, 30 novembre – L'industria dell'assicurazione non ama il cambiamento climatico. Il riscaldamento globale sta introducendo un elemento completamente nuovo nella questione della quantificazione del rischio – la funzione fondamentale del mercato assicurativo. Una delle sfide principali che affrontano gli assicuratori è l'aumentata frequenza di alluvioni in molti paesi. 

Il Regno Unito è uno dei centri principali di assicurazione nel mondo: un recente seminario all'Università di Oxford ha esaminato i modelli delle alluvioni in Gran Bretagna duranti gli ultimi anni. 

Non solo l'incidenza delle alluvioni sta aumentando, sta anche diventando sempre più imprevedibile. “Nessuna azienda, in particolare l'industria dell'assicurazione, ama la volatilità”, dice Matt Cullen, un esperto in alluvioni presso l'Association of British Insurers (ABI). “Non c'è dubbio che c'è stata un'escalation di alluvioni nel Regno Unito dagli anni 90 e questo tende a spaventare gli assicuratori. E la situazione può solo peggiorare col cambiamento climatico”. 

Valutare quando e dove avvengono le alluvioni è un affare molto complicato, dice il Professor Edmund Penning-Rowsell, della Scuola di Geografia e Ambiente di Oxford. Le alluvioni sono episodiche e possono essere anche molto localizzate, dice: un'area particolare potrebbe essere alluvionata per due anni consecutivamente e poi essere secca per 10 anni – mentre un'altra, precedentemente secca, vede le acqua alzarsi e le case distrutte. 


La ABI dice che i costi collegati alle alluvioni nel Regno Unito sono aumentati drammaticamente: nel periodo dal 2000 al 2010, l'industria ha sborsato 4,5 miliardi di sterline (7,2 miliardi di dollari americani) a coloro le cui case o aziende sono state colpite da alluvioni – un aumento del 200% negli esborsi del decennio precedente. 

Nell'ambito di un accordo di lunga durata fra il Governo inglese e l'industria delle assicurazioni, gli assicuratori hanno garantito che la copertura sarebbe stata disponibile per i possessori di case – anche quelle giudicate essere in aree ad alto rischio di alluvione – nella misura in cui le autorità continuassero a spendere soldi nei lavori di prevenzione delle alluvioni. 

Quell'accordo è terminato a metà 2013: in una mossa attentamente osservata in altre parti del mondo, i gruppi di assicurazione britannici e il governo ora stanno cercando di trovare una formula che garantisca sia la copertura del rischio continuo di alluvione per i possessori di case in futuro sia l'assicurazione della fattibilità finanziaria continua dell'industria dell'assicurazione. 

Spesso, dicono gli analisti delle assicurazioni, sono i più poveri nella società che vivono nelle case più esposte al rischio alluvioni. Se ci fosse uno spostamento verso il 'libero per tutti' nel mercato assicurativo, quelle famiglie troverebbero comunque impossibile trovare assicurazione – o sarebbero costrette a pagare premi molto costosi a broker specialisti. 

La ABI sta proponendo di approntare un nuovo schema chiamato Flood Re, che fornirebbe assicurazione a quello che dice sarebbe un livello sostenibile per coloro che sono più a rischio alluvione. Flood Re gestirebbe un fondo multimilionario in sterline – finanziato da un prelievo generale su tutte la polizze assicurative delle famiglie – che coprirebbe i costi dei risarcimenti per le alluvioni. 

Il governo ha fatto un tentativo di approvazione all'idea. Tuttavia, lo schema dipende da continue spese governative nella costruzione di difese dalle alluvioni. 

Secondo le cifre del governo britannico, circa 5,2 milioni di proprietà nella sola Inghilterra – che significa una ogni 6 proprietà nel paese – sono a rischio alluvione, sia da parte di fiumi, sia da parte del mare, sia dalle acque alluvionali di superficie.  

Al momento il Regno Unito sta spendendo circa 600 milioni di sterline (960 milioni di dollari) all'anno fermare le alluvioni. Il governo ammette che, solo per mantenere gli attuali livelli di protezione dalle alluvioni, le spese dovranno aumentare di circa l'80% per il 2035. E questa stima, dicono i funzionari, non comprende i costi di gestione del rischio delle alluvioni da parte di acqua di falda o di superficie. – Climate News Network

Vale la pena di considerare in questa discussione:  Eli Lehrer, fondatore dell'Istituto R Street ed ex fondatore del negazionista Heartland Institute, ha rotto qualche anno fa coi suoi colleghi per, fra le altre ragioni, per i suoi dubbi riguardo la negazione della scienza nella destra coi suoi colleghi di “think” tank. La competenza specifica di Leher e sull'industria delle assicurazioni. Scrive Leher:

Da un lato, se si mette in dubbio l'opinione di una schiacciante maggioranza di scienziati, l'industria delle assicurazioni fornisce un altro grande fonte di dati. Dato che le previsioni del tempo accurate e obbiettive sono cruciali per la prosperità degli affari degli assicuratori, il fatto che l'industria accetti ampiamente che il cambiamento climatico sia reale e che è probabile che sia un problema dovrebbe essere preso seriamente da chiunque creda nel potere dei mercati di raccogliere informazioni. Se gli assicuratori non fossero preoccupati dal cambiamento climatico, questo sarebbe una prova forte che i politici, i media o gli scienziati hanno gonfiato il problema oltre quello che merita. 
Infatti, ogni grande assicuratore di proprietà include proiezioni legate al cambiamento climatico nei propri modelli. Ogni grande assicuratore di proprietà di cui io sappia, considera la probabilità che le catastrofi collegate al cambiamento climatico siano una minaccia operativa futura. Gli assicuratori di proprietà più piccoli fanno meno pianificazione a lungo termine ed è meno probabile che facciano uso di proiezioni sul cambiamento climatico, ma sentono comunque l'impatto di quelle proiezioni in termini di quanta riassicurazione possono pagarsi e a quale prezzo.

Infine, uno studio del NOAA, abbastanza appropriato, a firma di Adam Smith, nota:

Una tendenza in aumento nelle perdite annuali complessive è dimostrato essere principalmente attribuibile ad un aumento statisticamente significativo della tendenza di circa il 5% all'anno nella frequenza dei disastri da miliardi di dollari. Quindi emerge la questione di quanto tali stime della tendenza siano affette da incertezze o pregiudizi nei dati dei disastri da miliardi di dollari. L'effetto netto di tutti i pregiudizi sembra essere una sottostima della perdita media. In particolare, viene mostrato che l'approccio fattoriale può risultare in una considerevole sottostima della perdita media di circa il 10-15%. Siccome questo pregiudizio è sistematico, ogni tendenza nelle perdite da cicloni tropicali appare essere robusta alle variazioni nei tassi di partecipazione delle assicurazioni. Ogni attribuzione delle tendenze in aumento marcate delle perdite delle coltivazioni è complicata da una grande espansione del programma federala di sussidio alle coltivazioni, come conseguenza che comprende più terra marginale. Le raccomandazioni riguardo a come la metodologia corrente possa essere migliorata per aumentare la qualità dei dati sui disastri da miliardi di dollari comprendono l'affinamento dell'approccio fattoriale per prendere più realisticamente in considerazione le variazioni spaziali e temporali nei tassi di partecipazione alle assicurazioni.