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mercoledì 30 settembre 2015

Lo scioglimento catastrofico del permafrost: una cosa “reale e imminente”.

Da “Robertscribbler”. Traduzione di MR (via Sam Carana)

C'è molto carbonio immagazzinato nel permafrost dell'Artico che fonde. Secondo le nostre migliori stime, intorno ai 1.300 miliardi di tonnellate (vedete Cambiamento climatico e retroazione del permafrost). E' più del doppio della quantità di carbonio già emesso dai combustibili fossili globalmente dagli anni 80 del 1800. E la triste ironia è che il continuo bruciare combustibili fossili rischia di superare un punto di svolta oltre il quale una rapida destabilizzazione e rilascio di quel carbonio diventa irreversibile.


Copertura globale del permafrost come è stata registrata dalla World Meteorological Organization. In generale si pensa che una soglia di riscaldamento globale di 2°C sia il punto in cui una parte sufficiente del permafrost artico si destabilizzerà in modo catastrofico, diventando una retroazione di amplificazione del riscaldamento globale che quindi fonde gran parte o tutto il resto. La soglia di 2°C è stata scelta perché è il limite minimo del Pliocene – un periodo in cui è iniziata la formazione di questa riserva di permafrost. Tuttavia, potrebbero esserci dei rischi che una parte sufficiente della riserva possa diventare instabile a livelli più bassi di riscaldamento – superando quel punto di svolta prima di quanto ci si attende. Fonte dell'immagine: WMO.

giovedì 23 aprile 2015

“La terra secca bruciava come erba” . La via siberiana all'inferno di 'Permafuoco'

Darobertscribbler”. Traduzione di MR (via Maurizio Tron)




(I residenti della regione russa di Trans Baikal scappano attraverso un furioso incendio del permafrost il 13 aprile del 2015. Fonte del video: La strada per l'inferno Registrato da: Vladislav Igorevich). 

Il copione è come una scena di film post-apocalittico. La glaciale Siberia inizia uno scongelamento epico – uno scongelamento scatenato da uno scarico inarrestabile di gas che intrappolano calore nell'atmosfera dall'industria umana dei combustibili fossili. Alla fine, dopo anni di riscaldamento, la stessa terra che si scongela diventa combustibile per gli incendi. Uno spesso strato di materiale organico simile alla torba che funge da accensione per gli alberi seccati dal caldo e le erbe che ci sono sopra.

venerdì 20 febbraio 2015

Appaiono nuove voragini a Yamal

Da “BarentsObserver”. Traduzione di MR (h/t Gianni Comoretto e Maurizio Tron)


Le voragini potrebbero costituire un serio pericolo per l'industria petrolifera e del gas in espansione nella Penisola di Yamal (Foto: vniigaz.gazprom.ru)

Sono state scoperte altre otto voragini vicino al gigantesco giacimento di gas di Bovanenkovo, nella Penisola di Yamal.

Di Atle Staalesen 

Gli scienziati dicono di aver scoperto altre otto voragini nel raggio di 10 chilometri dal giacimento di Bovanenkovo. I crateri sono tutti localizzati intorno al grande buco scoperto dai petrolieri nel luglio 2014, riporta la Yamalpro.ru. Le voragini potrebbero costituire una sfida seria all'industria del gas che si sta rapidamente espandendo nell'area. Gazprom ha investito miliardi nello sviluppo del giacimento di Bovanenkovo, la più grande struttura per il gas della penisola con 4,9 trilioni di metri cubi di gas stimati di risorse. Una nuova ferrovia ora connette il giacimento con la rete ferroviaria nazionale e un gasdotto diretto ad occidente porta il gas ai compratori europei. L'infrastruttura potrebbe essere messa in pericolo se appaiono altri crateri nella zona.

Gazprom sta per sviluppare diversi altri giacimenti di gas nell'area e anche altre società sono fortemente rappresentate, fra loro la Novatek nel progetto per i Liquidi del Gas Naturale Yamal LNG e la Gazprom Neft nel progetto Novoportovsky. La prima voragine di Yamal ha occupato i titoli dei giornali in tutto il mondo. Con un cratere con un diametro di quasi 60 metri, il fenomeno è stato subito bollato come il Buco Nero di Yamal. Gli scienziati credono che il buco sia stato creato a seguito del rilascio di gas metano e del successivo collasso del permafrost. Le otto nuove voragini sono più piccole in dimensioni di quella scoperta lo scorso luglio. I ricercatori credono che sia probabile che le voragini più grandi vengano circondate da altre più piccole e ora stanno mappando la penisola per essere in grado di prevedere i siti dei nuovi buchi. Come riportato dal BarentsObserver, lo stesso rilascio di metano sta raggiungendo grandi proporzioni nel vicino Mare di Kara. Il clima più caldo è il motore del processo. Commentando sulla situazione, Alexei Portnov del Centro per gli Idrati di Gas, il Clima e l'Ambiente dell'Artico (CAGE) dice che un aumento della temperatura del mare di due gradi “accelererà lo scongelamento all'estremo e aumenterà di conseguenza le emissioni di metano.


martedì 20 gennaio 2015

Il mostro del metano ruggisce

DaTruthout”. Traduzione di MR

Nota: questo articolo va preso con cautela, a partire dal titolo "il mostro del metano ruggisce", suggestivo, ma esagerato. L'autore ha intervistato alcuni ricercatori le cui opinioni sono piuttosto estreme rispetto alla media degli scienziati del clima, la maggioranza dei quali ritiene che il problema del metano non sia così imminente come descritto qui. D'altra parte, è anche vero che lo scenario della "bomba degli idrati" è fisicamente possibile, anche se la sua scala temporale è difficilmente stimabile. Per cui, ci è parso il caso di tradurre e pubblicare questo articolo, se non altro per dare voce a un'opinione minoritaria, ma non da trascurare. Poi, se qualche lettore si vuol mettere a urlare "dalli al catastrofista!" si diverta pure quanto vuole. (UB)

Di Dahr Jamail 






(Immagine: Acque gelate , vapore che fuoriesce, getti di gas via Shutterstock; Editing: JR/TO)


Durante una recente escursione al Parco Nazionale Olimpico dello Stato di Washington, mi sono meravigliato della delicata geometria delle felci ricoperte di ghiaccio. Strutture cristalline bianche sembrava che crescessero dalle foglie verdi, racchiudendole in una cornice ghiacciata di temporanea bellezza. Inoltrandomi ulteriormente fra le montagne, mi sono fermato a pranzare e a sorseggiare del caffè caldo da un thermos mentre fissavo un versante della montagna ricoperto di neve oltre la valle del fiume, scrutando una cascata ghiacciata per una possibile scalata sul ghiaccio in futuro. E mi sono ritrovato a chiedermi quanto altro ghiaccio invernale si sarebbe continuato a formare lì. La dissonanza fra la bellezza di fronte a me è i miei pensieri tormentati sul pianeta non ha trovato una riconciliazione. Ho raccolto dati e fatto interviste per articoli sui rilasci di metano nell'Artico per settimane e valutare le informazioni durante le vacanze mi ha solo portato alla depressione. Uscire fra le montagne mi ha aiutato, ma mi ha anche provocato gravi preoccupazioni per il nostro futuro collettivo.

Considerare la possibilità che gli esseri umani abbiano alterato l'atmosfera della Terra in modo così drastico da mettere le nostre stesse vite in pericolo sembra, perlomeno emotivamente, imperscrutabile. Data la scala del pianeta, si penserebbe, logicamente, che non potrebbe nemmeno essere possibile. Eppure i picchi maestosi ricoperti di neve vicini a dove vivo potrebbero non avere più ghiacciai (o persino neve) entro l'arco della mia vita, secondo alcuni degli scienziati che ho intervistato. Paul Beckwith, un professore di climatologia e meteorologia all'Università di Ottawa, in Canada, è un ingegnere e fisico che fa ricerca sul cambiamento climatico improvviso sia nel presente sia nelle registrazioni paleoclimatiche del passato remoto. “E' mia opinione che il sistema climatico si trovi nelle fasi iniziali di un cambiamento climatico improvviso che, se non tenuto sotto controllo, porterà ad un aumento di temperatura di 5 o 6°C entro un decennio o due”, mi ha detto Beckwith. “Ovviamente, un cambiamento così grande del sistema climatico avrà effetti senza precedenti sulla salute e il benessere di ogni pianta ed animale sul nostro pianeta”.


sabato 17 gennaio 2015

E intanto il metano continua a venir fuori.....

DaEurekaAlert!”. Traduzione di MR (h/t Alexander Ač)

Al largo della Siberia sta fuoriuscendo metano

Centro per gli idrati di gas, il clima e l'ambiente dell'Artico - CAGE


Il Mare di Kara è una sezione dell'Oceano Artico fra Novaya Zemlya e la Penisola di Yamal sulla terraferma della Siberia. Il Permafrost siberiano si estende fino al fondo del Mare di Kara e si sta scongelando. Foto: NASA


La Penisola di Yamal in Siberia è recentemente diventata famosa nel mondo. Crateri spettacolari, apparsi dal nulla nel Permafrost della zona, hanno scatenato ipotesi di significativo rilascio di  metano in atmosfera. Una cosa meno conosciuta è che c'è molto di metano rilasciato dal fondo del mare al largo della Penisola Occidentale di Yamal. Il gas viene rilasciato in un'area di almeno 7.500 m2, con sbuffi di gas che si estendono fino a 25 metri nella colonna d'acqua. Tuttavia, c'è ancora una grande quantità di gas che è bloccato da una calotta di Permafrost. E questo Permafrost si sta scongelando. “Lo scongelamento del Permafrost sul fondo dell'oceano è un processo in corso che probabilmente viene accentuato dal riscaldamento globale degli oceani”, dice Alexey Portnov, ricercatore al Centre for Arctic Gas Hydrate, Climate and Environment (CAGE) della UiT, L'Università dell'Artico Norvegese. Portnov ed i suoi colleghi hanno recentemente pubblicato due articoli sul Permafrost al largo dell'Ovest di Yamal, nel Mare di Kara. Gli articoli si occupano dell'estensione del Permafrost sul fondo dell'oceano e di come sia collegato al significativo rilascio di metano.

Suolo permanentemente ghiacciato

Il Permafrost, come implica la parola stessa, è suolo permanentemente ghiacciato per due anni o più. Perché qualcosa rimanga permanentemente ghiacciata, la temperatura deve naturalmente rimanere al di sotto degli 0°C. “L'Artico di terra è sempre ghiacciato, le temperature media del terreno sono basse in Siberia, il che mantiene il Permafrost  fino a 600-800 metri di profondità. Ma l'oceano è un'altra cosa. Le acquw profonde di solito sono vicine o sopra lo zero. Teoricamente, pertanto, non potremmo mai avere del Permafrost spesso in mare”, dice Portnov. “Tuttavia, 20.000 anni fa, durante l'ultimo massimo glaciale, il livello del mare è sceso a 120 metri più in basso di quanto sia oggi. Ciò significa che l'area della piattaforma poco profonda di oggi era terraferma. Era Siberia. E la Siberia era congelata. Il Permafrost sul fondo dell'oceano di oggi si è formato in quel periodo. L'ultimo massimo glaciale è stato il periodo della storia del pianeta in cui le calotte glaciali ricoprivano una parte significativa dell'Emisfero Settentrionale. Queste calotte glaciali hanno avuto un impatto profondo sul clima della Terra, causando siccità, desertificazione e una drammatica diminuzione dei livelli del mare. Molto probabilmente la Penisola di Yamal non era ricoperta di ghiaccio, ma era esposta a condizioni estremamente fredde. Quando è finita l'era glaciale circa 12.000 anni fa e il clima si è riscaldato, i livelli dell'oceano sono aumentati. Il Permafrost è stato sommerso dall'acqua dell'oceano ed ha iniziato il suo lento scongelamento. Una delle ragioni per cui non si è scongelato completamente finora è che le temperature delle acque di profondità sono basse, circa -0,5°C. Ma questo potrebbe benissimo cambiare.

Un fragile sigillo che sta perdendo

In precedenza è stato proposto che il Permafrost del Mare di Kara, e di altre aree dell'Artico, si estendesse ad una profondità fino a 100 metri, creando un sigillo che il gas non può superare. Portnov e i suoi colleghi hanno scoperto che la piattaforma a Ovest di Yamal sta perdendo, molto, a profondità molto inferiori di quella. Quantità significative di gas stanno fuoriuscendo a profondità fra i 20 e i 50 metri. Ciò suggerisce che un sigillo del Permafrost continuo è molto più piccolo di quanto proposto. Vicino alla costa, il sigillo del Permafrost potrebbe essere spesso poche centinaia di metri, ma si assottiglia verso i venti metri di profondità. Ed è fragile. “Il Permafrost si sta scongelando da due lati. L'interno della Terra è caldo e sta scaldando il Permafrost dal basso. Si chiama flusso di calore geotermico e avviene in continuazione, a prescindere dall'influenza umana”. Dice Portnov.

Evoluzione del Permafrost

Portnov ha usato dei modelli matematici per mappare l'evoluzione del Permafrost ed ha quindi calcolato il suo degrado dalla fine dell'ultima era glaciale. L'evoluzione del Permafrost ci da un'indicazione di cosa potrebbe accadere in futuro. Sul fondo, la temperatura dell'oceano è di 0,5°C, lo spessore massimo possibile del Permafrost impiegherebbe probabilmente 9.000 anni per scongelarsi. Ma se questa temperatura aumenta, il processo andrebbe molto più velocemente, perché lo scongelamento avviene anche dall'alto. “Se la temperatura degli oceani aumenta di due gradi, come suggerito da alcuni rapporti, accelererà enormemente lo scongelament. Un riscaldamento del clima potrebbe portare ad un rilascio di gas esplosivo dalle aree poco profonde”. Il Permafrost impedisce la liberazione del gas metano dei sedimenti. Ma stabilizza anche gli idrati di gas, strutture simili al ghiaccio che di solito per formarsi hanno bisogno di alte pressioni e basse temperature. “Gli idrati di gas si formano normalmente in profondità marine al di sopra dei 300 metri, perché dipendono dall'alta pressione. Ma sotto il Permafrost l'idrato di gas potrebbe rimanere stabile anche dove la pressione non è così alta, a causa delle temperature costantemente basse”. Gli idrati contengono enormi quantità di gas metano e si crede che sia la destabilizzazione di questi idrati che ha causato i crateri nella Penisola di Yamal.

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Riferimenti:

Portnov, A. Mienert, J. Serov, P. 2014 Modellare l'evoluzione del Permafrost sottomarino sensibile al clima dell'Artico in regioni di estesa espulsione di gas nella piattaforma ad Ovest di Yamal. Rivista di Ricerca Geofisica: Bioscienze 119 (11) http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/2014JG002685/abstract

Anche: Portnov, A. et.al. 2013 Decomposizione del permafrost marino e massiccio rilascio di metano dal fondo del mare a profondità >20 m nella piattaforma a Sud di Kara. Rivista di Ricerca Geofisica 40 (15)
http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/grl.50735/abstract 

Declinazione di responsabilità: AAAS ed EurekAlert! Non sono responsabili della precisione delle nuove pubblicazioni inviate ad EurekAlert! Da parte di istituzioni e per l'uso di qualsiasi informazione che passi dal sistema EurekAlert!

mercoledì 17 settembre 2014

Il cambiamento climatico sta risvegliando il mostro del metano?


DaClimate Crocks”. Traduzione di MR

I post si assottiglieranno nei prossimi giorni. Domani prenderò un volo per incontrare il dottor Jason Box, lo scienziato capo del Dark Snow Project a Copenhagen. Da lì, faremo un salto a Kangerlussuaq, in Groenlandia, fino alla calotta glaciale per le due settimane successive, più o meno. Continuerò ad entrare e postare finché non andremo alla calotta glaciale. Il dottor Box mi ha mandato il suo ultimo post sul suo blog, una cosa che ha dovuto sviscerare e che lo ha tenuto sveglio la notte. Gli studi sul metano coperti nel video sopra sono prevalentemente collegati al metano proveniente dallo scongelamento del permafrost sulla terraferma. Il pezzo del dottor Box qui sotto riguarda alcuni sviluppi più recenti nello studio dei depositi di metano sottomarini – il drago dormiente del cambiamento climatico. Notate che questo è un territorio pieno di controversie, visto che i dati da queste aree remote sono scarsi. Ma la posta in gioco è molto, molto alta.

Dal blog Meltfactor di Jason Box:

Usando un gruppo di dati climatici e fisici ampi e credibili, Tempeste dei miei nipoti di James Hansen pone il problema che gli esseri umani sono sulla buona strada per permettere al riscaldamento oceanico ed atmosferico di raggiungere un livello che innesca il rilascio di una grande quantità di riserve aggiuntive di carbonio intrappolato negli idrati di metano nelle acqua di mare poco profonde e/o dal terreno nell'Artico.

Secondo la mia opinione professionale come climatologo con più di  70 pubblicazioni scientifiche revisionate pubblicate, dopo 12 anni di educazione universitaria concentrata sulla scienza atmosferica ed oceanica, seguiti da 10 anni di lezioni universitarie, finalmente di ruolo, sulla meteorologia su scala micro e media e sulla strumentazione, gli avvertimenti di Hansen dovrebbero essere soddisfatte da un programma aggressivo di decarbonizzazione atmosferica. Siamo da troppo tempo in una traiettoria indirizzata ad una calamità climatica ingestibile. Se non riduciamo il carbonio atmosferico, probabilmente innescheremo il rilascio di grandi riserve di carbonio, condannando i nostri figli ad un futuro in una Terra bollente. Questa è una dichiarazione dura da leggere dal momento che il vostro portafogli di preoccupazioni è già pieno. 

Dicembre 2013, mi sono ritrovato in una stanza piena al più grande incontro scientifico del mondo  [l'incontro autunnale di AGU]. La sessione: “Sfide moderne del clima”. Il relatore invitato, la dottoressa Lori Bruhwiler ha presentato “Permafrost artico e retroazioni di carbonio del clima” - una ricerca cauta, obbiettiva e prettamente scientifica del problema e dei dati che abbiamo. A sua volta invitato, il dottor Peter Wadhams ha lanciato “Il costo per la sociatà di un'esplosione di metano dalla banchisa della Siberia orientale”, completamente fuori dagli schemi, che cita costi per l'umanità espressi in trilioni di dollari. Il succo della sessione è stata ben parafrasata da Bruhwiler, citando una rete di osservazione rada e concludendo che “ancora non possiamo dire più di tanto”. Che poi è stato...


Chiaramente, considerando la vastità dell'Artico, la rete di stazioni di osservazione con base sulla terraferma appare rada, con una sola stazione che rappresenta la Siberia, a Tiksi, viene da pensare che i governi dovrebbero fare di più per tenere il polso della situazione. Da parte del polso, tuttavia, le misurazioni che avvengono a Tiksi (e in altri siti della rete come Alert e Pt. Barrow, nell'Alaska del nord), posso garantirvelo, sono davvero al top; con radiometri BSRN, covarianza dei flussi di gas, campionatura del gas in beuta, ecc., impressionante e non economico.

Cosa ci dicono questi dati? Be', sfortunatamente, le registrazioni di Tiksi sono troppo brevi per dedurne una tendenza. Un gruppo di dati della concentrazione di metano più lungo proveniente da Alert, estremo nord del Canada, aggiunge un aumento del 8% nelle concentrazioni di metano all'aumento di più del 250% dovuto all'attività umana da quando è iniziata la rivoluzione industriale – nel 1750. I simboli verdi sui grafici indicano i valori anomali estremi. Un'ipotesi ragionevole da parte dei valori anomali segnati sotto da me con “respiro del drago?” sarebbero: anomalie estreme rappresentano pennacchi ad alta concentrazione di metano che emanano dalla tundra e/o da fonti oceaniche. Un'altra ipotesi ragionevole sarebbe: le anomalie estreme rappresentano errori di osservazione. Il NOAA dichiara: i valori anomali “si pensa che siano non indicativi di condizioni di fondo e rappresentano masse d'aria mal mescolate influenzate da fonti antropogeniche locali o regionali o da forti fonti della biosfera o da pozzi”.




Stessi picchi evidenti nei dati di Barrow. Qui, non mi prenderò il disturbo di sovrapporre il “respiro del drago?” S.

Per il momento, lasciamo stare la questione dei valori anomali e passiamo ad una discussione che ho avuto sul fatto che le misurazioni non sono sufficientemente vicine ai centri delle azioni di rilascio del gas da comprendere la questione del risveglio del drago. Vorremmo una stazione di campionamento proprio sopra il Laptey e sopra il Mar Siberiano Orientale vuoti, pieni di metano e liberi dal ghiaccio (in estate). Naturalmente, cià è molto più facile a dirsi che a farsi

Prima di parlare delle misurazioni nei centri di azione... abbiamo dati satellite provenienti dall'Infrared Atmospheric Sounding Interferometer (IASI) a bordo del satellite Metop-A Eumetsat Polar System (EPS). E da quello che so dall'installazione/manutenzione di misurazione di terra nell'Artico  e della pubblicazione di articoli che valutano la qualità dei ripristini derivati da satelliti provenienti dall'Artico, più di recente qui, servono studi di validazione. Quindi è buono trovare Xiong et al. (2013) che, usando “596 profili verticali di metano provenienti da misurazioni aeree da parte del programma HIAPER Pole-to-Pole Observations (HIPPO)” scoprono che il niente affattos sorprendente “errore di ripristino è maggiore nelle regioni delle latitudini più settentrionali”. Hanno scoperto che le vagamente percepite quantità sono precise ed hanno un piccolissimo pregiudizio (meno del 2%). Tuttavia, la loro valutazione è per la parte di atmosfera ben al di sopra della superficie. Il confronto fra i ripristini di IASI con le misurazioni dirette vicino alla superficie stabilirebbero le incertezze che affronteremmo e costituire il precedente per usare i ripristini IASI per rappresentare ampie aree che non beneficiano di campionamenti diretti. Ulteriori scavi hanno restituito alcuni risultati di precisione per lo IASI da parte di Yurganov et al. (AGU poster 2012).

  • I dati IASI possono essere usati come indicatore qualitativo dell'emissione di metano dell'Oceano Artico.
  • L'attuale crescita del metano nell'Artico, compreso il 2012, è graduale. 
  • L'emissione di metano dalla banchisa artica raggiunge un massimo in settembre-ottobre (quando si verifica il minimo del ghiaccio marino).
  • Le stime dall'alto dell'emissione sono difficili e potrebbero essere molto incerte (per esempio, ± 100%)
  • Se uno sfogo improvviso (fuoriuscita) di metano avvenisse a causa dell'intensa distruzione degli idrati, lao IASI sarebbe in grado di rivelarla quasi in tempo reale. 


Ora, un Sam Carana guida un gruppo che ha pubblicato una tempesta riguardo alle stime di metano da parte del sensore IASI. Il loro messaggio è allarmante e collega i puntini fra le mappe del metano che generano usando i dati IASI e diversi elementi del clima artico che cambiano rapidamente: declino dell'area del ghiaccio marino, durata, volume; aumento delle temperature dell'aria e dalla superficie del mare, incendi. 
Ciò che ho capito è stato che le bolle di metano non possono o non raggiungono la superficie, piuttosto vengono convertite in biossido di carbonio molto meno potente prima di raggiungere la superficie stessa. POI, ecco cosa abbiamo sentito 4 giorni fa da una squadra svedese che ora sta ispezionando il mare di Laptev con un rompighiaccio davvero d'eccellenza, chiamato come il principale Dio nordico. 



La squadra dichiara “In diversi luoghi, la 'bolle' di metano risalgono anche alla superficie dell'oceano. In più c'è che i risultati di analisi preliminari di campioni di acqua di mare puntavano in direzione di livelli di metano disciolto più alti da 10 a 50 volte rispetto ai livelli di base. 




E non sono solo gli svedesi che si occupano di questa questione. Lo fa anche la NASA. Qual è il messaggio fondamentale, se me lo state chiedendo? Perché l'elevato carbonio atmosferico risultato dalla cobustione di combustibili fossili è il meccanismo di innesco. DOBBIAMO semplicemente ridurre le emissioni di carbonio atmosferico. Ciò dovrebbe iniziare con la limitazione della combustione di combustibili fossili da fonti convenzionali; principalmente carbone, seguito dalle sabbie bituminose (blocco dell'oleodotto); riduzione dell'uso dei combustibili fossili altrove, per esempio nei combustibili liquidi da trasporto; impegnarsi in un massiccio programma di riforestazione per avere i benefici collaterali del legname sostenibile, riduzione della desertificazione, habitat animale, acquacoltura e reindirizzare i sussidi ai combustibili fossili verso l'energia rinnovabile. Questo è un momento in cui ognuno deve metterci del suo. Siamo nell'era delle conseguenze. 
Ci sono ancora domande, naturalmente, ma il principio di precauzione rende chiaro che dobbiamo lasciare questo drago sottoterra. 



domenica 6 febbraio 2011

Spettacolare: giocare col fuoco con il metano artico



In questo video, vediamo Katey Walter dell'università di Fairbanks in Alaska che fa un esperimento sul metano nel permafrost artico con i suoi studenti. Pare che ci abbia rimesso le sopracciglia ma, per fortuna, non ne ha riportato altri danni. 

Questo video ci da non solo un'idea di cosa sta seppellito sotto il ghiaccio nelle zone artiche, ma è anche una curiosa metafora della nostra capacità di "giocare con il fuoco," ovvero di mettersi in situazioni rischiose senza rendersi esattamente conto di cosa stiamo facendo.

Ci sono molte aree nelle zone artiche dove il metano è stato accumulato in grandi quantità da processi biologici molto antichi. Il metano è un gas serra molto potente: con il riscaldamento, rilasciamo metano nell'atmosfera, rilasciando metano nell'atmosfera, si genera calore. E così via: è quello che si chiama "effetto serra incontrollato".

Giocare col fuoco; appunto.