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martedì 23 febbraio 2016

Un “buon Antropocene”?

Da “Decline of the Empire”. Traduzione di MR (via Alexander Ač)

Di Dave Cohen

Ieri ho letto Cosa sta causando le epidemie fungine mortali nell'ecosistema mondiale? di Elizabeth Kolbert (Environment 360, 18 gennaio 2015). La parola “antropocene” non appare nel rapporto della Kolbert, ma è di questo che si occupa il rapporto. Considera le cause delle recenti epidemie fungine.

Eppure sorge la domanda: perché ora? Perché stiamo assistendo ad un numero crescente di malattie fungine della vita selvaggia? Gli esperti offrono due spiegazioni possibili, entrambe le quali potrebbero essere valide.

venerdì 12 febbraio 2016

Il cattivo Antropocene


C'è chi parla del "buon Antropocene", ma sembra che ci siano grossi problemi con questa idea (UB)


Da “Chronìques del l'Anthopocéne”. Traduzione di MR (via Jacopo Simonetta)

Di Alain Grandjean

L'Antropocene è una nuova era geologica caratterizzata dall'impatto sempre più determinante delle attività umane sui grandi equilibri della biosfera e da una pressione considerevole sulle risorse naturali. Abbiamo avviato delle dinamiche esponenziali su tutti i fronti: emissioni di gas ad effetto serra, uso di energie fossili, consumo di acqua, degrado dei suoli, deforestazione, distruzione delle risorse ittiche, erosione della biodiversità, dispersione di prodotti tossici e/o ecotossici...

Consumo energetico e demografia

Cominciamo dalla demografia. Nel 1800, l'umanità celebra il suo primo miliardo d'individui, dopo
I tre periodi della demografia umana
 essersi moltiplicata per 5 in 1800 anni, Se le ci sono voluti milioni di anni per diventare demograficamente miliardaria, il suo secondo miliardo le ha richiesto 130 anni, il suo terzo 30 anni, il suo quarto 15 anni, il suo quinto e sesto 12 anni ciascuno. Le proiezioni per il 2050 [1] conducono a degli effettivi compresi fra i 9 e i 10 miliardi.

In parallelo, la capacità dell'umanità di trasformare il proprio ambiente si è moltiplicata, grazie alla potenza termodinamica delle sue macchine. Nel 1800, l'umanità consumava circa 250 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (TEP) [2], vale a dire un quarto di TEP a persona. Questo consumo è stato moltiplicato nei 200 anni seguenti per più di 40, mentre la popolazione si è moltiplicata per 6: il consumo individuale è cresciuto di un fattore dell'ordine di 7 [3]. Oggi consumiamo più di 13 miliardi di TEP...

Questa doppia crescita (demografica e della potenza disponibile) permette all'umanità di appropriarsi di una parte di un quarto della produzione primaria di biomassa [4] e del 40% della produzione primaria terrestre valutata in circa 120 miliardi di tonnellate all'anno.

Consumo di risorse ed emissione di inquinanti

L'80% delle nostre energie è di origine fossile, la cui combustione emette del CO2, un gas ad effetto serra. I “climatologi” [5] comprendono sempre meglio i meccanismi e le conseguenze della deriva climatica, anche se le incertezze rimangono ancora grandi. La deriva climatica attuale è legata alle emissioni di gas ad effetto serra (GES), cioè, nel 2010, circa 50 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente [6] all'anno di cui il 60% circa sono di biossido di carbonio provenienti dalla combustione di energia fossile (carbone, petrolio e gas). Dopo la metà del XIX secolo, l'umanità ha emesso 2.000 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio.

La concentrazione di questo gas è passata da 280 ppm [7] (un livello stabile in media per 400.000 anni) a 400 ppm nel 2013. In effetti la biosfera (principalmente gli oceani e i vegetali) non assorbono che 12 miliardi di tonnellate all'anno. E' livello di emissioni al quale bisognerebbe giungere per far sì che l'aumento di temperatura si arresti.

Molti minerali sono sfruttati in proporzioni insostenibili. Facciamo un esempio, quello dell'acciaio, seguendo la dimostrazione di  François Grosse [8]. Annualmente produciamo una cifra nell'ordine del miliardo di tonnellate di accia, cioè 30 volte di più che all'inizio del XX secolo. La crescita è stata, in quel periodo, di circa il 3,5% all'anno. A questo ritmo, la produzione cumulativa di acciaio in un secolo è uguale a 878 volte la produzione del primo anno. Se si prolunga questa tendenza, la produzione annuale sarà moltiplicata per 100 ogni 135 anni. Si produrrebbero quindi, in 270 anni, 10000 volte più acciaio di oggi! Inutile essere troppo precisi sulla stima delle riserve di minerali di ferro per comprendere che un ritmo del genere è impossibile da mantenere, persino per un minerale così abbondante!

Ogni anno vengono liberate 160 milioni di tonnellate di biossido di zolfo, cioè più del doppio delle emissioni naturali [9]

Siamo capaci di spostare ogni anno tanti materiali quanto i meccanismi naturali (erosione annuale, vulcanesimo, attività tettonica), cioè nell'ordine dei 40 miliardi di tonnellate all'anno.

Era del muco, sesta grande estinzione, erosione, acqua dolce…

Secondo il Millenium Ecosystem Assessment, [10] il tasso d'estinzione delle specie è da 50 a 500 volte più alto del tasso “naturale” (le stime più recenti portano questa cifra probabilmente a 1.000). Siamo all'inizio di quella che il biologo Edward Wilson ha proposto di chiamare la sesta estinzione [11] (la vita precedente dalla sua apparizione sulla Terra ha conosciuto cinque grandi estinzioni). Limitandoci alla sola pesca, peschiamo ogni anno 90 milioni di tonnellate ed abbiamo raggiunto dopo 20 anni un picco che non possiamo superare malgrado la crescente potenza dei nostri pescherecci. Il professor Daniel Pauly [12], esperto internazionale di risorse ittiche, stima che rischiamo di entrare, per quanto riguarda gli oceani, nell'era del muco, in cui regnano le meduse e i batteri, a causa della distruzione dei loro predatori.

Gli oceani vengono trasformati in una gigantesca discarica. Una zona gigantesca di rifiuti larga
Sfruttamento attuale delle risorse ittiche
centinaia di migliaia di km2 è stata scoperta nel Pacifico dall'oceanografo Charles J. Moore. Una pattumiera della dimensione del Texas è stata a sua volta individuata nell'Oceano Atlantico.

Dall'inizio dell'agricoltura le foreste hanno perso una superficie difficile da valutare, ma sull'ordine del 15-45%. 450 milioni di ettari sono scomparsi dalle regioni tropicali fra il 1960 e il 1990. Il bilancio delle risorse idriche è ugualmente difficile da fare e ha senso solo a livello regionale. Utilizziamo ogni anno la metà delle risorse d'acqua dolce disponibili, degradandone generalmente la qualità quando la restituiamo agli ecosistemi. Mac Neill cita la stima seguente che è ugualmente significativa: il consumo di acqua alla fine del XX secolo rappresenta il 18% della quantità di acqua dolce che scorre sul pianeta e l'utilizzo diretto o indiretto ne rappresenta il 54%. Nel 1700, l'umanità prelevava annualmente 110 km3 d'acqua per abitante, nel 200 ne prelevava 5190 km3, cioè 7 volte di più. A questo ritmo anche l'acqua, una risorsa molto abbondante sul pianeta, potrebbe venir meno.

La situazione non è migliore sul fronte dei suoli. Circa un quarto delle terre utilizzate dall'umanità sono degradate [13] ? “Perdiamo ogni anno lo 0,5% del nostro capitale di suolo, sottraendone diverse migliaia di ettari per l'accrescimento delle nostre città e delle nostre strade, perdendone a causa del nostro inquinamento e per salinizzazione, per erosione”. La rovina progressiva dei suoli ci condurrà a nuove carestie. Ultimo elemento di questa rapida panoramica: abbiamo prodotto e disseminato più di 100.000 nuove molecole, delle quali alcune sono molto pericolose per la salute umana e/o per gli ecosistemi (fra questi i mille esempi di neonicotinoidi che uccidono le api o gli interferenti endocrini fortemente cancerogeni). Il nostro pianeta è diventato letteralmente tossico [14].

Cause dell'Antropocene

Come comprendere questa ferocia dell'umanità nel distruggere le condizioni della sua stessa vita? Tre grandi cause mi sembrano all'origine di questo comportamento: la cultura no-limits, la rivoluzione scientifica e il dogma neoliberale.

La “cultura no-limits”: consumismo, tecno-ottimismo e cinismo

La nostra civiltà è caratterizzata da diverse credenze letali. Siamo individualisti, facciamo della libertà un assoluto e rifiutiamo i limiti. Economicamente è Bernard Mandeville, con la sua favola delle api che ha fatto il primo passo verso un mondo assurdo in cui si suppone che i vizi privati generino le virtù collettive. L'apologia del consumo e della crescita, una cosa tira l'altra, è risultata alla base del consumo del pianeta che caratterizza l'antropocene.

La Favola delle api (1715) segna una vera e propria rottura antropologica. Tutte le civiltà, tutte le culture umane, tentano di disciplinare quello che i greci chiamavano la hubris, l'eccesso. Le morali ed altre regole religiose o sociali, presenti in tutte le culture, sono tutte concepite per evitare che l'uomo si metta a “debordare”, a mettere la sua intelligenza al servizio delle proprie passioni. Nelle civiltà di tipo sciamanico o animista ciò che viene ricercato è un equilibrio fra l'uomo e la natura. Mandeville inverte quest'ordine di cose e trasforma in valore ciò che veniva considerato come un grave errore. Il rifiuto dei limiti ora pervade la nostra cultura, in tutti i campi, e si declina in credenze:

  • La scienza e la tecnologia risolvono tutti i problemi 
  • Tutto ciò che è scientificamente concepibili deve essere ricercato e sperimentato
  • I prodotti devono essere sempre nuovi, quindi diventano obsoleti in fretta (spreco senza limiti) e sempre di più usa e getta
  • L’innovazione incessante è il motore del progresso e della soddisfazione
  • E' proibito proibire
  • Tutto è possibile
  • L’arte in sé deve essere trasgressiva

Questo dei limiti è nutrito dal progresso delle scienze e delle tecniche è all'origine di un profondo paradosso. Di fronte a distruzioni di massa dell'ambiente permesse dalle scienze e dalle tecniche, queste sono presentate dai“tecno-ottimisti” come la fonte della soluzione ai problemi che esse stesse hanno creato. E' la scienza che ci salverà trovando nuove fonti di energia (la fusione nucleare, per esempio, o l'idrogeno). Questo paradosso si basa infatti su un valore (il rifiuto dei limiti) ed una credenza (la capacità di trovare una risposta a tutti i problemi creati) ma per niente su delle prove. Gli industriali, gli uomini del marketing, sanno sfruttare questo rifiuto dei limiti in tutti i campi del consumo:

  • la cosmetica, che permette di non vedersi invecchiare o di attenuare i segni dell'età
  • il cibo, dove diventa possibile soddisfare tutti i gusti, di fare invogliare sempre di più, per poi degenerare a volte in obesità 
  • i prodotti che danno dipendenza come il tabacco e tutte le forme di droga, dall'alcol alle altre
  • i beni di consumo attuali o il rischio di affaticamento, di perdita di desiderio, vengono combattuti senza sosta e milioni di nuovi prodotti inventati ogni giorno

Il cinismo di alcuni, mosso dai loro interessi che esprimono in potere, o in soldi, è ovviamente nascosto dietro a tutti questi comportamenti e tutte queste ricerche. Il cerchio è completo: scienza, tecnologia, marketing, idealismo e cinismo si sposano per distruggere sempre più le nostre risorse e le nostre condizioni di vita, dando un'apparenza di razionalità a questo delirio collettivo.

Transumanesimo: un nuovo orizzonte?

La corrente transumanista, apogeo della cultura no-limits, applica le cose suddette all'umanità stessa e pensa di migliorare grazie alla convergenza delle tecniche NBIC. Secondo i transumanisti, il “mortalismo” sarebbe una credenza. Il loro obbiettivo di transumanisti è l'immortalità, cioè il rifiuto del “limite dei limiti”... vedete www.transhumanistes.com

La rivoluzione scientifica

Noi crediamo che la scienza e la tecnica supereranno i limiti e più in generale ci “salveranno”. Bel paradosso quando si constata che sono proprio le scienze e le tecniche che ci permettono di esercitare questa pressione antropica insopportabile sul pianeta! Ma è vero che l'efficacia del metodo sperimentale (fisica, biologia, medicina, …) e qualcosa di stupefacente, addirittura di magico! Il metodo sperimentale ha condotto a delle applicazioni in tutti i campi (dalla macchina del caffè al GPS...), cosa che ci ha permesso di mettere a punto milioni di macchine, automi e robot, di migliaia di molecole che rispondono a dei bisogni apparentemente infiniti (dalla lotta contro la sofferenza alla cosmetica passando agli schermi piatti...).

I ricercatori mettono in campo una creatività senza limiti (un milione di articoli scientifici prodotti nel mondo ogni anno, in crescita...) e talvolta rivendicato (la bioetica si scontra spesso con la domanda di ricerca a priori a tutto campo). La scienza ci ha dotati di una capacità di prevedere che potrebbe permetterci di evitare le conseguenze delle nostre attività e, probabilmente, della capacità di trasformare la Natura.

Il dogma neoliberale e il capitalismo finanziario

Il liberalismo economico si fonda sull'idea che la prosperità nasca spontaneamente dal libero gioco degli interessi e delle forze individuali. Il ruolo dello Stato sul piano economico dovrebbe limitarsi a permettere questa libertà (per il diritto di concorrenza e l'insieme dei dispositivi che permettono di applicarlo). Il liberalismo economico deriva dal CNL e ne è uno dei pilastri. Ha finito per trasformarsi in religione: i mercati diventano degli dei capaci di soddisfare tutti i nostri desideri e quindi non possono essere sorvegliati e regolamentati.

La realtà dei fatti e la teoria economica mostrano che si tratta di un dogma e che numerose situazioni necessitano dell'intervento del potere pubblico, cosa che non esclude un ruolo determinante delle imprese, della loro capacità d'innovazione e di risposta sottile ai bisogni dei loro clienti. L'economia si è vestita degli abiti della scienza, fra cui il ricorso alla matematica ed alle statistiche. Ma evidentemente il dogmatismo non viene scartato da questo semplice automatismo!

Gli anni 70 hanno visto la diffusione in tutto il mondo di un capitalismo finanziario, figlio di questo dogma, che orienta l'attività economica in direzione del brevissimo termine (per le sue esigenze eccessive di rendimento di capitale). Non smette mai di stimolare i desideri di avere sempre di più e rende infantili gli individui, controlla i media, colonizza gli spiriti e l'immaginario. Aumenta le disuguaglianze di massa.

Il capitalismo finanziario schiavizza una parte dell'attività scientifica [15]. Lotta contro tutte le regole ed ha sempre più potere per farlo. Si oppone ad ogni rilocalizzazione dell'economia e ad ogni nozione di frontiera e di limite, ed impone un libero-scambismo socialmente ed ecologicamente inaccettabili: le reti sociali e le azioni di preservazione o di ripristino dell'ambiente non sono redditizie e sono viste come delle fonti di perdita di competitività.

L’antropocene, risorse complementari

Lo abbiamo visto con qualche esempio, per chi si prende il disturbo di osservarli, gli strumenti indicano che è in arrivo una tempesta di una brutalità inaudita (vedete in particolare questa presentazione fatta per Carbone 4, ma anche il sito dell'IPCC per il clima, il sito di Manicore per l'energia, il sito dell'IPBES per la biodiversità...)

Ecco una presentazione con grafici fatta per Carbone 4

https://www.scribd.com/doc/212864517/bienvenue-en-anthropoce-neV2

Sintesi dei problemi in un libro ancora da pubblicare

http://www.scribd.com/doc/255170330/Chapitre-1-L-ine-luctable-est-en-marche

[1] Sentite per esempio Gilles Pison, Popolazione e società, N°480, luglio-agosto 2011.
[2] Una tonnellata equivalente di petrolio è l'energia contenuta in una tonnellata di petrolio: le stime di consumo energetico nel XIX secolo sono inaffidabili. Ciò che conta qui sono gli ordini di grandezza.
[3] Questa media si cela in sé enormi disparità. Un americano medio consuma circa 8 TEP all'anno, un europeo si situa invece a 4 ed un abitante dell'Africa sub-sahariana non ha accesso ad 1 TEP all'anno.
[4] Robert Barbault, Jacques Weber, La vita, che impresa! Per una rivoluzione ecologica dell'economia, Seuil, 2010.
[5] Più precisamente la comunità degli scienziati la cui disciplina (che potrebbe essere la biochimica, la modellizzazione informatica, la dinamica dei fluidi e la paleoclimatologia, fra le altre) viene mobilitata nella comprensione dei fenomeni climatici. Le informazioni di sintesi sulla deriva climatica sono fornite dall'IPCC (vedete www.ipcc.ch). Vedete http://alaingrandjean.fr/2015/01/05/le-changement-climatique-points-de-repere/
[6] Le emissioni di gas ad effetto serra vengono misurate in tonnellate di CO2 equivalenti, ogni gas che ha un potere di riscaldamento globale multiplo di quello del CO2. Una tonnellata di metano (CH4), per esempio, “equivale” a circa 25 tonnellate di CO2. Lo si esprime anche in tonnellate di carbonio. A causa del rapporto delle masse (44/12), 1 tonnellata di CO2 vale circa 3,6 tonnellate di carbonio.
[7] Ppm = parti per milione.
[8] François Grosse, “Il disaccoppiamento crescita/materie prime. Dall'economia circolare all'economia della funzionalità: virtù e limiti del riciclaggio”, Futuribles, luglio-agosto 2010, numero 365.
[9] Robert Barbault, Jacques Weber, La vita, che impresa! Per una rivoluzione ecologica dell'economia, Seuil, 2010, pagina 79.
[10] La valutazione degli ecosistemi per millenario (MEA) è uno studio di 5 anni, lanciato dall'iniziativa del segretario generale dell'ONU, Kofi Annan indirizzato alla valutazione dello stato degli ecosistemi mondiali. I lavori sono stati pubblicati nel 2005. Vedete http://www.maweb.org/fr/Synthesis.aspx.
[11] Vedete Richard Leakey e Roger Lewin, op.citata. E più di recente vedete: Raphaël BILLE Philippe CURY, Michel LOREAU, Biodiversità: verso una sesta estinzione di massa, Editore: LA VILLE BRÛLE, 2014
[12] Daniel Pauly, Cinque pezzi facili, l'impatto della pesca sugli Ecosistemi Marini, Island press, 2010.
[13] Daniel Nahon, L’esaurimento della terra, il problema del XXI secolo, Odile Jacob, 2008.
[14] André Cicolella, Pianeta tossico, Le seuil, 2013
[15] Vedete Naomi Oreskes e Erik M. Conway, I mercanti di dubbio, ovvero come un pugno di scienziati hanno mascherato la verità su dei problemi sociali quali il tabagismo e il riscaldamento climatico, Le Pommier, 2012 e Stéphane Foucart,  La fabrica della menzogna, Denoël, 2013.








lunedì 11 gennaio 2016

Quale futuro per l'Antropocene? Un'interpretazione biofisica.

Traduzione di MR

Nota: questa è la traduzione di un testo piuttosto pesantino che si trova per ora su "ArXiv" in attesa di essere sottoposto a una rivista scientifica, cosa che mi ripropongo di fare appena possibile. Nel frattempo, Max Rupalti si è messo a tradurlo in Italiano e il risultato lo trovate qui sotto. Come dicevo, è una cosetta un po' accademichetta/pesantuccia, però, se avete voglia di leggerlo, aspetto i vostri commenti prima di mandarlo alla rivista. (UB)

Di Ugo Bardi
ArXiv 2015

Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Firenze.
Polo Scientifico di Sesto Fiorentino, 50019 Sesto F. (Fi)
ugo.bardi@unifi.it

Abstract. L'Antropocene è una suddivisione temporale proposta per la storia della Terra correlata alla forte perturbazione umana dell'ecosistema. Gran parte del dibattito si sta svolgendo su quale debba essere considerata la data come l'inizio dell'Antropocene, ma molto meno su come possa evolvere nel futuro e quali siano i suoi limiti finali. Qui si sostiene che il fenomeno che attualmente definisce l'Antropocene declinerà e poi scomparirà rapidamente in tempi dell'ordine di un secolo, in conseguenza della dispersione irreversibile dei potenziali termodinamici associati al carbonio fossile. Tuttavia, è possibile che in futuro il sistema economico umano possa catalizzare la dissipazione di energia solare in forme diverse dalla fotosintesi, per esempio usando dispositivi fotovoltaici a stato solido. In questo caso, una forte influenza umana sull'ecosistema potrebbe persistere per tempi molto più lunghi, ma in forme molto diverse da quelle attuali.

sabato 25 luglio 2015

Antropocene: non si tratta solo di noi

DaPost Carbon Institute”. Traduzione di MR

Di Richard Heinberg



E' il momento di celabrare! Yoohoo! E' ufficiale: noi umani abbiamo dato inizio ad una nuova epoca geologica – l'Antropocene. Chi avrebbe mai pensato che solo una specie fra milioni di altre sarebbe stata capace di una tale realizzazione? Aspettiamo però a fare scorta di bomboniere. Dopotutto, l'Antropocene potrebbe essere piuttosto desolante. La ragione per cui la nostra epoca ha acquisito un nuovo nome è che i geologi del futuro saranno in grado di rilevare una discontinuità rilevante negli strati rocciosi che documentano la nostra piccola fetta di tempo nella ricostruzione di miliardi di anni della Terra.

Questa discontinuità sarà riconducibile alla presenza umana. Pensate al cambiamento climatico, all'acidificazione dell'oceano e all'estinzione di massa. Benvenuti nell'Antropocene: un mondo che potrebbe presentare poco in termini di vita multicellulare oceanica oltre alle meduse e un mondo i cui continenti potrebbero essere dominati da poche specie generiche in grado di occupare rapidamente nuove nicchie temporanee man mano che gli habitat si degradano (vengono in mente ratti, corvi e scarafaggi). Noi umani abbiamo dato inizio all'Antropocene e lo abbiamo orgogliosamente battezzato da soli, eppure ironicamente potremmo non esserci per goderci la gran parte di esso. La catena di impatti che abbiamo iniziato potrebbe potenzialmente durare milioni di anni, ma sapere se ci sopravviveranno geologi umani per ricostruirla e commentarla è un tirare a sorte. Per essere sicuri, ci sono persone che celebrano l'Antropocene che credono che siamo solo all'inizio e che gli umani possono e daranno deliberatamente, intelligentemente e durevolmente forma a questa nuova epoca.
Mark Lynas, autore di La Specie di Dio, asserisce che l'Antropocene richiederà a tutti noi di pensare ed agire in modo diverso, ma che popolazione, consumo ed economia possono continuare a crescere nonostante i cambiamenti del sistema terrestre. Stewart Brand dice che potremmo non avere più una scelta in quanto al rifare completamente il mondo naturale; per lui “Abbiamo solo la scelta di fare un buon terraforming. E' questo il progetto verde di questo secolo”. Nel loro libro Ama il tuo mostro: post-ambientalismo e Antropocene, Michael Schellenberger e Ted Nordhaus del Breakthrough Institute dicono che possiamo creare un mondo in cui 10 miliardi di umani raggiungono un standard di vita che permette loro di perseguire i propri sogni, anche se questo sarà possibile soltanto se abbracciamo crescita, modernizzazione e innovazione tecnologica. Analogamente, Emma Marris (che ammette di non aver mai trascorso del tempo nella natura), sostiene in Giardino turbolento: salvare la natura in un mondo post selvaggio che la natura selvaggia è persa per sempre, che ci dovremmo tutti abituare all'idea dell'ambiente come costruito dall'uomo e che questo è potenzialmente una cosa buona.

sabato 14 febbraio 2015

La grande accelerazione dell'attività umana

Da “igbp”. Traduzione di MR (h/t Paul Chefurka)

Comunicato stampa – Da un decennio la IGBP, in collaborazione con lo Stockholm Resilience Centre, ha rivalutato gli indicatori della Grande Accelerazione inizialmente pubblicati nella sintesi IGBP “Cambiamento globale nel sistema terrestre” nel 2004. L'attività umana, prevalentemente il sistema economico globale, ora è il motore principale di cambiamento nel Sistema Terrestre (la somma dei processi fisici, chimici, biologici ed umani del nostro pianeta), secondo una serie di 24 indicatori globali o “display planetario”, pubblicati nella rivista  Anthropocene Review (16 gennaio 2015).

(Link ai grafici degli indicatori)